Lutto nel mondo del ciclismo: addio ad Alfredo Martini, indimenticabile ct azzurro

Lutto nel mondo del ciclismo: addio ad Alfredo Martini, indimenticabile ct azzurro
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Lunedì 25 Agosto 2014, 23:16 - Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 17:36

Non stato Coppi e Bartali, ma ha corso con loro e segnato lo stesso pagine indelebili della storia del ciclismo italiano e mondiale.

Alfredo Martini ha corso la sua lunga vita fino all'ultimo chilometro, spegnendosi stasera nella sua casa di sesto Fiorentino alla veneranda età di 93 anni (compiuti a febbraio).

Per tutti è sempre stato "il babbo" del ciclismo, per molti ancora "il ct". Da corridore ha avuto un'onesta vita da gregario, vicino ai grandissimi come Coppi e Bartali. Immenso invece nella sua ultraventennale vita da tecnico azzurro. Il Giro che ricordava con più emozione è quello del '46.

«Parigi era bombardata, il Tour non si fece e allora tutti vennero in Italia - aveva ricordato in occasione del suoi 90 anni - C'era la questione di Trieste, ma Torriani e Cougnet vollero far passare lo stesso il Giro lì e gli americani la considerarono una provocazione. A Pieris lanciarono fiori e sassi e molti corridori si ferirono, dopo ci furono sparatorie con i soldati di Tito e il gruppo si fermò, ma Torriani ne convinse 17, uno per squadra, a proseguire e a Trieste fu un trionfo. Anche se poi il Giro venne sospeso un giorno».

Altri tempi, ma lo spirito di chi va in bici per Alfredo Martini è sempre stato lo stesso. Per ventitrè anni in ammiraglia da ct, sei anni da direttore sportivo e tanti chilometri nelle gambe da atleta: Alfredo Martini ha lasciato il segno ovunque.

Da ct, ruolo ricoperto dal 1975 al 1997 (ha lasciato il 18 novembre 1997), ha portato al successo mondiale sei atleti: Francesco Moser nel 1977 a San Cristobal (Venezuela), Giuseppe Saronni nel 1982 a Goodwood (Gran Bretagna), Moreno Argentin nel 1986 a Colorado Springs (Stati Uniti), Maurizio Fondriest nel 1988 a Renaix (Belgio), Gianni Bugno nel 1991 a Stoccarda (Germania) e nel 1992 a Benidorm (Spagna).

Fiorentino, in quasi un quarto di secolo solo sei volte una maglia azzurra non è salita sul podio mondiale e oltre ai sei ori, Martini ha portato all'Italia 7 argenti (Moser 1976 Ostuni, Moser 1978 Nurburgring, G.B. Baronchelli 1980 Sallanches, Saronni 1981 Praga, Claudio Corti 1984 Barcellona, Argentin 1987 Villach, Chiappucci 1994 Agrigento) e 7 bronzi (Tino Conti 1976 Ostuni, Bitossi 1977 San Cristobal, Argentin 1985 Montello, Saronni 1986 Colorado S., Bugno 1990 Utsunomiya, Pantani 1995 Duitama, Bartoli 1991 Lugano).

Gli anni trionfali sono stati il 1977 con il primo posto di Moser e il terzo di Bitossi; e il 1986 con l' oro di Argentin e il bronzo di Saronni. Come direttore sportivo ha guidato la Ferretti dal 1969 al 1972, portando al successo nel Giro d' Italia del 1971 lo svedese Gosta Pettersson; nel 1973 e '74 è stato alla Sammontana e nel 1975 è salito sull'ammiraglia della nazionale.

Da corridore Martini ha vinto il Giro dell'Appennino nel 1947, il Giro del Piemonte nel 1950, una tappa al Giro d'Italia del 1950, anno in cui si piazzò terzo in classifica generale dietro Koblet e Bartali: in quell'anno vestì la maglia rosa per una tappa. Ha vinto anche una tappa al Tour de Suisse 1951, concluso al terzo posto dietro a Kubler e Koblet.

Renzi: «Ha onorato lo sport». «Ricordo un grande personaggio che ha onorato lo sport italiano e mondiale. Ho nel cuore impresse le sue parole ai giovani in varie circostanze, sui valori che il mondo dello sport insegna». Così Matteo Renzi ricorda l'ex ct del ciclismo Alfredo Martini dopo aver sentito per telefono la figlia Silvia. «Alla famiglia di Alfredo e alla grande famiglia del ciclismo l'abbraccio di tutto il Governo», conclude il premier.

Malagò: «Da oggi siamo più poveri». «Con Martini se ne va l'ultimo dei grandi testimoni di un'epopea che ha reso il ciclismo uno degli sport più popolari in Italia»: comincia così il ricordo di Alfredo Martini del presidente del Coni, Giovanni Malagò.

«Martini è stato il più grande commissario tecnico nella storia del ciclismo vincendo sei Campionati del Mondo e diventando negli anni un punto di riferimento irrinunciabile per l'intero mondo dello sport al quale ha dedicato l'intera vita prima da atleta, poi da tecnico e infine da dirigente - ricorda il n.1 dello sport italiano - Senza di lui il ciclismo da oggi è sicuramente più povero. Un'ultima sola parola: Grazie Alfredo!».

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