Hacker russi violano il server Wada: «Atleti Usa positivi». Guerra fredda dei Giochi

Hacker russi violano il server Wada: «Atleti Usa positivi». Guerra fredda dei Giochi
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Martedì 13 Settembre 2016, 13:07 - Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 16:58
E' ancora guerra fredda del doping, tra Stati Uniti e Russia. Anzi, ora più che mai. A tre settimane dalla fine delle Olimpiadi di Rio dalle quali è stata bandita l'atletica di Mosca con l'accusa del doping di Stato svelato dal rapporto McLaren, a far tremare il Cio e lo sport made in Usa è l'offensiva lanciata dal web proprio agli atleti a stelle e strisce, rei, secondo l'accusa, d'aver fatto uso di sostanze proibite anche se protetti da appositi certificati medici. Uno scacco matto mosso dal gruppo di hacker informatici Fancy Bear's (presumibilmente russi) riusciti a violare il database della Wada, l'agenzia antidoping mondiale, e a far trapelare rivelazioni che coinvolgono atleti statunitensi di primo piano, come le sorelle Serena e Venus Williams nel tennis, la ginnasta Simone Biles (quattro ori e un argento a Rio) e la star del basket Elena Dalle Donne. Intrusione nel sistema anti-doping ADAMS sulle schede dei singoli atleti confermata dallo stesso Comitato Olimpico Internazionale, che ammette l'intrusione degli hacker, ma - secondo la stampa russa, scagiona le campionesse: «Williams e Biles» sono state considerate "pulite" ai test antidoping. Sia la star del tennis che quella della ginnastica, sarebbero infatti risultate positive a test prima e durante i Giochi 2016 ma giustificate dal possesso di autorizzazioni terapeutiche (Tue) per curare malattie in corso. Il programma di esenzione Tue (rilasciato dalla federazione internazionale dopo una serie di test medici accurati) permette infatti agli atleti di assumere sostanze dopanti nel momento in cui non esiste alternativa alla cura con farmaci non inseriti nella lista Wada.

Ennesimo scandalo a discredito dello sport internazionale che fa pensare ad una specie di vendetta di Mosca dopo l'esclusione della Russia da Rio. E secondo i pirati informatici i documenti rivelerebbero come alcuni campioni Usa avrebbero assunto sostanze vietate negli ultimi anni, ma presentando la ricetta medica che indicava un «uso terapeutico» del farmaco, e quindi garantiva l'esenzione. In particolare la Biles avrebbe fatto uso di metilfenidato (una molecola psicostimolante) e anfetamine, sempre con prescrizione medica; Elena Delle Donne di anfetamine e idrocortisone; Serena Williams avrebbe assunto oxycodone e hydromophone, sostanze oppiacee, oltre a prednisone, prednisolone e methylprednisolone (il prednisone è convertito dal fegato nel prednisolone, il quale è uno steroide), in vari periodi della sua carriera. Anche la sorella Venus compare in questi documenti, e anche per lei ricette per triamcinolone (ormone antifiammatorio) e prednisone. Il tutto sotto prescrizione medica e quindi in maniera lecita. Per Fancy Bear's però si tratterebbe di una copertura a posteriori fornita dalla Wada.

«Abbiamo capito che decine di atleti erano risultati positivi alla vigilia e durante i Giochi. I medagliati hanno usato con regolarità sostanze illecite giustificate da certificati medici. E questa è solo la punta dell'iceberg. To be continued...». Ma, secondo quanto spiega Gianfranco Beltrami, presidente della commissione mondiale antidoping della federazione di baseball alcuni di questi farmaci come il metilfenidato «sono di uso comune negli Stati Uniti, mentre da noi non sono molto usati. Sono psicostimolanti utili a risolvere i disturbi dell'attenzione ed ad evitare agitazione nei pazienti. Negli Usa vengono fatte molte prescrizioni per questi farmaci e per me ne viene fatto forse un abuso. Ma se uno specialista lo prescrive e viene fatta una esenzione a fini terapeutici per un atleta diventa difficile dimostrare il contrario». E ammesso che ci sia di mezzo il dolo per migliorare le prestazioni sportive l'effetto del metilfenidato «è simile alle anfetamine - conclude Beltrami - che venivano usate 30 anni fa dai ciclisti. Danno benessere, si sente meno la fatica e ti fanno sentire un leone, quasi onnipotente».

L'Usada, l'agenzia antidoping statunitense, difende gli atleti olimpici americani spiegando che «non hanno fatto nulla di sbagliato e hanno sempre seguito le regole per ottenere il premesso ad usare medicine necessarie».
L'Usada definisce quindi «codardo e spregevole» che hacker russi abbiano rubato informazioni con l'intento di diffamare atleti e ingannare l'opinione pubblica
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Non finisce qui. Due nuovi casi di doping colpiscono la Russia, i nuovi test effettuati sui Giochi olimpici di Pechino 2008 hanno evidenziato la positività della giavellottista Inga Abakumova e dello staffettista Denis Alexeev, annuncia il Comitato olimpico internazionale che ha tolto l'argento olimpico alla Abakumova e il bronzo alla staffetta russa 4x400 di cui faceva parte Alexeev. Entrambi gli atleti sono risultati positivi allo steroide turinabol, così come altri due atleti russi: Inga Abitova, specializzata nei 10mila metri, e la ciclista su pista Ekaterina Gnidenko.


 
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