Daniele Garozzo a “Il Messaggero Tv”: «Prima il mondiale, poi mi laureo»

Foto di Giacomo Gabrielli
di Alessandra Camilletti
3 Minuti di Lettura
Giovedì 27 Ottobre 2016, 10:29

«Mi sa che sono l'unico a non essersi fatto il tatuaggio dopo l'Olimpiade. I miei amici dicono che sono alternativo», sorride Daniele Garozzo, in visita a Il Messaggero. A 24 anni oro di fioretto individuale a Rio 2016, bronzo a squadre alla Coppa del Mondo a Il Cairo. Piedi per terra, atleta e tenuta Fiamme Gialle.
Che sapore ha l'oro?
«Un sapore dolcissimo perché è il coronamento di un sogno. Per gli sport minori l'Olimpiade è l'unica occasione per emergere. E non parlo di interesse economico, ma di soddisfazione».
E il bronzo a Il Cairo?
«Partivo favorito nell'individuale e sono arrivato quinto, dopo aver perso il derby con Cassarà. Non sono rammaricato né dispiaciuto, era il primo approccio alla stagione. La squadra era per metà rinnovata, under 25: ci aspettiamo di arrivare a Mondiali ed Europei per l'oro».
 

Com'è vincere con una squadra di amici che in pedana sono anche avversari?
«Strano. A Rio erano tutti campioni di livello, ma non essendo coetanei i rapporti di amicizia non erano gli stessi rispetto a Il Cairo: quattro coetanei, azzurrini insieme».
Chi è Daniele in pedana?
«Un atleta sicuro, che ha fiducia e personalità, puntiglioso e determinato. Instancabile lavoratore. Non sono campione per talento, ma per forza di volontà».
E giù dalla pedana?
«Uno studente di Medicina che fatica tanto a dare gli esami. I miei obiettivi erano l'oro olimpico e la laurea entro i 30».
L'oro c'è.
«All'Università sono al terzo anno. Ho avuto la possibilità di rappresentare al ministero la difficoltà e ora Coni e Miur lavorano ad un protocollo perché gli atleti possano studiare con più tranquillità. Tra le mie proposte, un tutor e sessioni straordinarie di esami in caso di gare all'estero».
La medaglia cambia la vita?
«Dipende. Se si pensa che possa stravolgere la giornata o far guadagnare di più, no. Certo, la soddisfazione dà sicurezza e felicità diverse nel lavoro».
Il rapporto con suo fratello Enrico, campione di spada?
«È il mio migliore amico, è una fortuna condividere la stessa passione».
Due fratelli a Rio.
«Lì la tensione è molto alta, ma l'abbraccio di un fratello o uno schiaffo in faccia sono affetto vero che senti con te».
Prossima sfida?
«Spero di andare bene a Tokyo, prossima tappa di Coppa del Mondo. E a luglio ci saranno i Mondiali a Lipsia».
Dalla Sicilia al Lazio. Una sfida di vita, oltre che sportiva.
«Mi sono trasferito a 18 anni, per allenarmi, ed è stato traumatico. Ho una bellissima famiglia e mi sono proiettato in una realtà in cui ero solo. La prima sera ho mangiato pomodori crudi e sconditi. Sono diventato più grande e mi ha aiutato in pedana, dove porti quello che sei nella vita di tutti i giorni».
Daniele e Alice Volpi. Quanto è importante condividere la vita con una compagna atleta?
«Solo una fidanzata che fa sport capisce che per settimane non ci si vede. Stiamo bene. Non siamo coppia da gossip».
La sua collaborazione con Medici senza frontiere?
«Ho devoluto il premio della Fondazione Agnelli tra Msf e la Tenda di Cristo di Acireale, il mio paese, che aiuta ragazze madri. Msf davvero fa la differenza. L'ambizione di un medico è essere indipendente, neutrale e imparziale. La Tenda di Cristo ha comprato il pullman che non aveva più: l'ha chiamato Danielino. Tre suore che si fanno in 33. Il momento più emozionante post Rio».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA