Mondiali, nel week end debuttano i tuffi dalle grandi altezze

Mondiali, nel week end debuttano i tuffi dalle grandi altezze
di Piero Mei
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Giovedì 27 Luglio 2017, 18:55
BUDAPEST Il bicchier d’acqua ha 15 metri di diametro e 6 di profondità: visto da lassù, però, non deve sembrare più grande d’un bicchiere. Lassù è la cima di una torre metallica, costruita come nell’antico gioco del meccano, una piattaforma a quota 27 metri, da cui, tuffandosi, gli uomini debbono centrare quel bicchiere, le donne hanno uno sconto di sette metri, volano da 20. Tania Cagnotto quando le chiedevano “ti tufferesti da 20 metri?” rispondeva “neanche da 11” come se quello fosse il limite dell’umana atmosfera e il resto fosse “lo Spazio”. Giorgio Cagnotto, dopo i Giochi di Messico ‘68, fu invitato alla scogliera della Quebrada ad Acapulco: gli chiesero se voleva provare, come fanno i clavadistas, i tuffatori del posto, oppure fare il giudice di gara; scelse di giudicare. Laso Schaller, mezzo brasiliano e mezzo svizzero, due anni fa si è tuffato dalla Cascata del Salto, in Valle Maggia, vicino Lugano, altezza 58,9 metri, uno più della Torre di Pisa dopo l’ultima piegata, record del mondo. L’acqua in questo bicchiere da brindisi per Ciclopi dovrebbe essere, dicono i geometri, di più di un milione di litri, riciclata di continuo da due pompe che la gettano nell’invaso dipinto d’azzurro, tanto che il blù della tonda piscina sbugiarda ogni credenza sul “bel Danubio blù” che gli scorre proprio a fianco e che è del suo suo giallo sporco, quello che a Roma viene definito “biondo” se riguarda il Tevere.

L’impianto dell’”high diving”, tuffi da grandi altezze o tuffi estremi come vengono chiamati e dove si svolgeranno nell’intero weekend le gare di categoria di questa ennesima apertura dello sport allo spettacolo dell’atleta 2.0 che tutto sfida (pure lo squalo, per quanto photoshoppato, nel recente caso di Phelps), è posto nel cuore della città, vicino al Ponte del Catene, il primo che collegò Buda e Pest facendone una sola città a metà dell’Ottocento; di fronte, sull’altra riva, quella di Pest, il gigantesco palazzo bianco del Parlamento, simbolo della capitale ungherese e della sua libertà, ogni volta che ne ha avuto bisogno, e sono state tante. E’ come se l’impianto, a Roma, fosse fra Ponte Milvio e il Foro Italico di fronte, o, più ancora verso Castel Sant’Angelo, sullo sfondo pure il Cupolone. Due subacquei in muta nera, sdraiati a bordo bicchierone, aspetteranno l’arrivo dell’atleta, il quale dovrà arrivare di piede, non solo perché questa è la regola, ma soprattutto perché altrimenti si spezzerebbe. L’ammaraggio è previsto, infatti, a 90 chilometri orari dopo un volo di 3 secondi circa, comprese le previste piroette. Non essendoci, o quasi, torri da tuffi così alte quasi da nessuna parte, gli atleti si allenano generalmente scomponendo il loro gesto in tre parti e provando, parte uno, parte due e parte tre, dalla piattaforma da dieci metri. Poi al dunque della gara ricompongono il puzzle.

Tra questi eroi del volo (il tuffo è sport d’aria e non d’acqua, spiegava Tania) è un italiano, un ragazzo nato a Cosenza e lì cresciuto tuffatore, e adesso residente a Trieste dove lo allena la sua fidanzata Nicole Belsasso “dopo un anno di pausa”.
Ha venticinque anni e la pelle coperta di tatuaggi che raccontano “il viaggio della vita” e non ha quasi più pelle da dipingere. C’è il ricordo del papà morto, le pistole della vendetta, i segni zodiacali più cari, i più cari nomi, Trieste e così via: potrebbe essere un catalogo vivente per un tatuatore. C’è, in più, stavolta, la confessata voglia di un podio mondiale, dopo che qualche giorno fa ha vinto la prima gara del circuito di questi acrobati, tutti amici che dopo l’esibizione si ritrovano a bere una birra, si contano e dicono “siamo tutti salvi”. E’ successo fra le rocce di Polignano; qui la torre metallica sembra incombere meno, però, date le altezze, è come “buttarsi dal nono piano”. In un bicchier d’acqua, visto da lassù.
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