Nibali: «Ho vinto il Giro attaccando Kruijswijk in discesa. E le montagne mi hanno dato una mano. Adesso penso ad aiutare Aru al Tour»

Nibali: «Ho vinto il Giro attaccando Kruijswijk in discesa. E le montagne mi hanno dato una mano. Adesso penso ad aiutare Aru al Tour»
di Francesca Monzone
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Domenica 29 Maggio 2016, 21:59 - Ultimo aggiornamento: 22:11
Vincenzo Nibali è il mattatore del Giro d'Italia numero 99. L'impresa del corridore messinese è stata bellissima, una cavalcata fantastica nelle ultime due vere tappe, venerdì e ieri, che lo hanno portato al successo.

Oggi alla fine della corsa lei ha dichiarato di non essere stato bene e di aver avuto dei problemi fisici durante questo Giro. Può spiegarci un po’ meglio?
«Ho preferito non raccontare certe sfumature perché credo che in certi momenti non vanno raccontati. Ho avuto un problema intestinale e probabilmente avevo anche sbagliato a mettere in secondo piano questa cosa. Alla fine credo che sia stato questo malanno ad avermi indebolito e un giorno di recupero è servito per rimettermi in sesto. Le analisi che abbiamo fatto sono servite anche a capire se c’era qualcosa che ancora non andava. Io non ho mai detto di voler andare a casa».

Parteciperà al Tour de France e alle prossime Olimpiadi a Rio?
«Dopo questo Giro d’Italia avrò modo di staccare un po’. Devo recuperare energie, andrò in vacanza per una decina di giorni. Poi rientrerò con la squadra, lavorerò con il gruppo che sta preparando il Tour de France con Fabio Aru. Dopo, avremo modo di pensare a tutti gli altri appuntamenti, in particolare alle Olimpiadi alle quali tengo davvero tanto».

Se Kruijswijk non fosse caduto, secondo lei il risultato finale di questo Giro poteva essere diverso?
«Difficile da dire. Però, quando eravamo sull’Agnello, ho visto qualcosa che forse gli altri non hanno notato: la maglia rosa in cima era abbastanza sofferente con un respiro molto pesante ed è stato lì che ho capito che stavo meglio e che potevo attaccare anche in discesa e mettere pressione. Così si fa nel ciclismo, bisogna attaccare su ogni terreno. Se non avessi attaccato in quella discesa magari non sarebbe successo nulla e Chaves avrebbe provato sull’ultima salita verso Risoul a fare qualcosa e ad attaccare. In cima all’Agnello ho capito che si poteva ribaltare tutto».

Ha parlato dei Giochi. Cosa cambia per lei alle Olimpiade di Rio e al prossimo Tour rispetto alle Olimpiadi e ai Tour precedenti?
«In previsione Tour non posso rispondere perché ero completamente concentrato sul Giro d’Italia. Poi, come detto, ora devo pensare a recuperare le energie che sono fondamentali perché disputare queste due corse a tappe è molto dispendioso. C’è Aru al Sestriere che sta preparando il Tour e sarà lui, per l’Astana, a puntare alla classifica generale. Io sarò lì a offrire il mio supporto. Poi vediamo anche come girano le gambe. Per me l’obiettivo più importante saranno le Olimpiadi. Le Olimpiadi di Rio poi non si possono paragonare con quelle di Londra perché il percorso è completamente diverso e quello di Londra non era adatto a me, mentre questo lo sarà di più».

Al Tour dello scorso anno quando era in crisi e non aveva raggiunto l’obiettivo stabilito dalla squadra, Vinokourov è stato particolarmente duro con lei mentre in questa occasione nel momento di difficoltà lui è sempre stato molto fiducioso e le ha dimostrato molta vicinanza. Secondo lei, perché?
«Sono due situazioni molto diverse. In questo Giro sono rimasto sempre nella parte alta della classifica e come sappiamo anche se Kruijswijk aveva un buon vantaggio, sulle montagne avevo dimostrato di essere uno dei più forti. E' stato così tranne nei due giorni in cui non stavo bene. Sapevamo che nell’ultima settimana arrivavano le vere montagne e questo era tutto in mio favore. Sopra i 2000 metri non è facile per nessuno mentre io mi sono trovato veramente bene».

In che modo ha vinto questo Giro d’Italia e guardando il suo palmares che commento si sente di fare?
«Anche io quando guardo il mio palmares vedo che ci sono tanti successi importanti. Però, non mi capita spesso di guardarlo. Qui mi sono sentito il faro della corsa e il punto di riferimento per tutti i miei avversari, che poi non conosco molto bene fino in fondo. Parlo di Landa e di Dumoulin, perché non mi sono mai confrontato con loro. Quindi per me confrontarmi con loro in questa occasione è stata una sorpresa. Invece, con altri rivali ho più confidenza conoscendo i loro pregi e i loro difetti. Quindi, in questo Giro ho dovuto studiare bene le caratteristiche di questi avversari. Sono stato fortunato anche perché nell’ultima settimana, quando gli altri hanno iniziato a calare, io stavo bene».

Quando hanno suonato l’inno di Mameli per la sua vittoria, ha pensato che tra qualche mese lo stesso inno potrebbe suonare proprio per lei dall’altra parte dell’oceano?
«Non ho proprio pensato a questa possibilità. Sul podio mi gustavo il momento. Ero felice e guardavo la mia bimba».

In tanti si chiedono cosa succederà nei prossimi mesi visto che lei è a termine di contratto con l’Astana e se il suo futuro dipenderà anche dai risultati che otterrà. Ha pensato a quale sarà il momento in cui penserà a cosa fare e se rimanere in Astana?
«I termini sono fissati come da regolamento della Federazione Ciclistica Internazionale. Alle mie spalle c’è la mia agenzia, la A e J che sta lavorando per me. Quindi, non devo pensare a questo».

Vincenzo, in questi giorni ha parlato molto ma c’è qualcosa che vorrebbe dire e che ancora non ha detto?
«No, perché ho sempre fatto le mie esternazioni e non ci sono cose che devo ripetere. Mi sono sentito attaccato dai media anche senza motivo, però alla fine mi sono concentrato solo sulla corsa e non ho guardato più giornali o altre cose che potevano distogliermi dall'obiettivo. Quello che dovevo dire l’ho detto fino in fondo».

Lei ha detto che a 2000 metri di altitudine si sentiva meglio. Per quale motivo? Soffre di allergie?
«Ieri durante la partenza della tappa mentre mi riscaldavo molti hanno notato che starnutivo molto e potrebbe essere per colpa delle graminacee e quando si sale in quota questo problema non c’è più e mi sentivo meglio. Poi allenandomi molto spesso in alta quota, il fisico si abitua a queste altitudini e lavora meglio».
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