IL MARINAIO MATTEO
Il marinaio Furlan è un ragazzo grande e grosso; le ragazze lo circondano d’attenzione, “ma io vivo con la morosa” si schermisce, che si chiama Elena e fa l’istruttrice di nuoto. Da piccolo, se lo è mai stato almeno in altezza, Matteo era molto pigro: i centimetri gli suggerivano il basket, ma poi (nato in provincia di Pordenone e cresciuto nella città di Padova, gran dottori) si è dato al nuoto impressionato da quella Golden Generation che ha segnato il passaggio del millennio dal nuoto azzurro degli sporadici exploits alla bella attualità: Fioravanti, Rosolino, Brembilla per dirne un po’. Faceva i 400 e i 1500 Matteo, “ma poi ho visto che ne venivano su di migliori” e allora si è buttato nelle acque libere.
KAZAN E POI
Ha cominciato bene e proseguito meglio. A Kazan fu di podio. “Ero il compagno di stanza di Minisini ed eravamo la camera più medagliata dell’albergo azzurro: due lui e due io. E quando ha vinto l’oro ho pensato che non potevo non vincere qualcosa anche io”. Scambiereste lo sport? “Io la musica, quei movimenti? Direi proprio di no: non ci prendo”. Quanto alla medaglia l’avrebbe voluto farlo nella 5 chilometri, che è la sua gara preferita, “ma ai campionati italiani mi hanno battuto e giustamente la gara qui l’hanno fatta loro: oltre tutto hanno vinto una medaglia, perciò non ho da recriminare”.
IL FINALE
Qualcosa da recriminare ce l’ha nella gara di oggi: si è tenuto al coperto per uscire fuori nel finale, all’ultima boa hanno cercato di stringerlo (“ma sono uscito bene”) e lì ha scelto i piedi del russo Drattcev anziché quelli del francese Reymond. Peccato: dopo più di cinque ore a faticare nell’acqua calda il responso del cronometro ha dato al vincitore il tempo di 5h02:46.4 ed al marinaio Matteo quello di 5h02:47.0. Come si vede un niente, un batter di mani sulla piastra dell’arrivo.
IL RACCONTO
Quando l’hanno stretto alla boa finale, Matteo s’è detto “non posso rimanere fregato così”; e poi: “pensavo che il russo andasse più veloce”; e ancora: “la 25 non è la mia gara”; e di più: “amo i 5 chilometri, ma la gara olimpica è sui 10 ed io quelli voglio, a Tokyo, perché dopo sennò sono troppo vecchio” (ha 28 anni attualmente); “sono felicissimo ma un po’ mi dispiace”, a giudicare dal sorriso a tutti denti non si direbbe; “alla fine ho tirato fuori l’ultima forza che avevo nelle gambe”; “la gara è stata più lenta che non a Kazan” dice, lui che di velocità s’intende come tutti in casa: hanno quattro motociclette. In acqua Matteo quando si allena a pieno carico fa tra gli 80 e i 90 chilometri a settimana: si è già stanchi solo al pensiero.
LE GAMBE DI SIMONE
Simone Ruffini, il campione uscente, è uscito a testa alta: quarto posto, un po’ troppe sgomitate altrui nel finale, gara d’attacco come è nel suo stile “ma alla fine avev i crampi, non sentivo forza nelle gambe”. “E forse – aggiunge - ci ho provato un po’ troppo presto”. “Confermare il titolo sarebbe stato fantastico; ho altri due anni per lavorare e magari vincere un’altra volta”.
LA FELICITA’ di ARIANNA
“Ci ho provato, non aveo niente da perdere” dice Arianna Bridi terza dietro l’ercolino brasiliano Cunha e l’olandese Van Rouwendaal, un podio di “alto livello” come direbbe il simpatico napoletano Sanzullo, pure lui due volte a medaglia nel lago Balaton. “Certo che volevo vincere, ma volerlo e farlo sono cose diverse; in un percorso così lungo bisogna non essere mai appagati”. Arianna non lo è: si allena con Rachele Bruni e “le guardavo quegli occhi che avevano sempre voglia di vincere, e forse in due si fa meglio” spiega, bevendo l’ennesima bottiglia d’acqua. Anche in gara ha bevuto molto: “Con quel caldo, solo una volta ho saltato il rifornimento, ce n’erano due a giro; è stato quando sono arrivati i maschi”. E’ stato allora che le ragazze più furbe hanno cercato la scia dei piedoni: erano le ragazze a star dietro ai maschi, il contrario che a terra. Qualche poco cavaliere le picchiava, ma restituivano.
Arianna affiderà anche la seconda medaglia alle cure della mamma: lei le tiene bene, dice la ragazza trentina che lasciò la ginnastica artistica perché, parole sue, aveva “l’elasticità di un elefante”.
I DUBBI DI MARTINA
Con quelle tre ben davanti e irraggiungibili, Martina Grimaldi riusciva a piazzare la stoccata e la toccata del quarto posto. Forse delusa, diceva lì per lì che sta per smettere con le gare e che ci sono i bambini bolognesi che la aspettano per imparare da lei i segreti del nuoto e del successo. Magari ci ripenserà: è sempre al top e i bambini bolognesi possono aspettare ancora qualche tempo.
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