A mancare, pur con le dovute eccezioni (Pertile, Meucci, Palmisano, Tamberi, Hooper, le due staffette) sono state le prestazioni nel loro complesso, con esiti spesso nella media, ed in qualche caso ben al di sotto.
La squadra italiana aveva le sue carte da giocare, alcune delle quali per tentare di andare a medaglia o comunque di riuscire ad essere competitivi (salto in alto, marcia donne, maratona): il 'tavolò ha confermato queste potenzialità, alle quali vanno aggiunte le buone prove dei due quartetti presenti. L'ultima delusione si chiama Tamberi: quella dell'alto non era certo una finale facile, ma dal saltatore presentatosi in pedana con una guancia rasata e l'altra con la barba, era lecito attendersi qualcosa in più, vista la sua stagione finora. E agli altri rimane il rammarico per non essere riusciti ad esprimersi ad alto livello. Qualcosa che l'atletica italiana, in un Mondiale, non può permettersi senza conseguenze come quelle descritte dai numeri. A livello di consuntivo generale, per la prima volta in 15 edizioni del Mondiale è un paese africano a guidare il medagliere: è il Kenya, primo della graduatoria con 7 ori, 6 argenti, 3 bronzi. L'immagine di questa nazionale e del suo movimento è stata di recente sporcata dai sospetti, ma per ora l'impresa di Pechino 2015 rimane. Stati Uniti terzi (dietro la Giamaica trascinata da Bolt e dalle 'panterè dello sprint), e per la seconda volta consecutiva (non era mai accaduto) vincitori globali in termini di medaglie. La compattezza della squadra Usa viene fuori nella classifica a punti di questo che è stato anche, fra treccine e unghie a dir poco stravaganti, anche il Mondiale del look: gli americani comandano con oltre 40 lunghezze di vantaggio sui keniani (214 contro 173) e oltre 80 sulla Giamaica (132); Germania (quarta, 113), Gran Bretagna (quinta, 94), Polonia (ottava, 68), Russia (decima, dopo il primo posto casalingo del 2013, ma qui con squadra fortemente ridotta, capace di 60 punti) il top tra le europee. L'Italia è solo 29/a, con 10,5 punti e nessuna medaglia (come a Berlino 2009). Un disastro annunciato.
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