Cammarelle ha detto basta: «Ora prendo a pugni il pugilato da bordo ring»

Cammarelle ha detto basta: «Ora prendo a pugni il pugilato da bordo ring»
di Carlo Santi
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Domenica 1 Maggio 2016, 11:01 - Ultimo aggiornamento: 18:18
Roberto Cammarelle venerdì notte nella sua Milano ha concluso la carriera sul ring. Il match numero 231 in carriera il 35enne gigante lo ha vinto agevolmente contro il francese Ahmed El Ghazi: 9 minuti prima della festa. Se ne va, il commendatore, con tre medaglie olimpiche e quattro mondiali al collo.
Roberto, cosa ha provato salendo sul ring per l'ultima volta?
«Dico la verità: non avevo tensione, l'incontro era più che altro una passerella. I brividi li ho avuti quando mi hanno annunciato elencando quello che ho fatto».
Non è stato tentato di cercare la qualificazione per le Olimpiadi di Rio?
«No, nessun rimpianto. La decisione era presa da tempo e sono contento di quello che ho raccolto in carriera. Certo, il pugilato combattuto mi mancherà, ma era arrivato il momento di dire basta».
Lei lascia e Totti, che ha 40 anni, non ne vuol sapere.
«Non smette perché lui si diverte ancora, e il calcio è sport dove ci si può divertire. La nostra, invece, è una disciplina di combattimento».
Si volti indietro, ripensi ai suoi match. Ha qualche rimpianto?
«Non aver vinto un titolo europeo, soprattutto nel 2004 a Pola contro il russo Povetkin e poi nel 2011 ad Ankara battuto da un altro russo, Omarov. Il primo argento, nel 2002 quando ho perso sempre con Povetkin, ci poteva stare, ma gli altri due...».
Va bene gli europei, ma il secondo posto ai Giochi di Londra non le brucia ancora?
«Era troppo facile rispondere subito quel match. Quella sconfitta è frutto di un errore di giudizio che è stato in malafede. I miei pugni meritavano l'oro».
Il pugilato italiano è in crisi. Perché?
«Mancano un po' di cose. Non ci sono gli sponsor e neppure manager in grado di costruire gli appuntamenti. Mancano, però, anche i grandi pugili. Se non ci sono queste cose non si possono riempire i palazzetti e per farlo serve tanto entusiasmo e lavoro».
Eppure sembra che gli appassionati non manchino.
«Siamo pieni di amanti del pugilato ma alla fine i palazzetti non li riempiamo. Qualcosa non funziona, ed ecco il declino. A me piace la riunione dei dilettanti in posti come i centri commerciali, ma per rilanciare il movimento serve altro».
Lei volta pagina e scende dal ring. Cosa farà da grande?
«Non lascio lo sport e il pugilato. Il mio, nelle Fiamme Oro, sarà un ruolo dirigenziale: lavorerò insieme al capo tecnico Giulio Coletta, il mio allenatore, per stilare i programmi e preparare i pugili per le Olimpiadi».
A Rio, tra qualche mese, che Italia vedremo sul ring?
«Irma Testa, che fa parte del mio gruppo sportivo, farà parlare molto bene. Lei è nell'elite della sua categoria e può ambire a una medaglia preziosa».
E Clemente Russo?
«Anche lui sarà un protagonista. Ha grande esperienza e penso che una medaglia la conquisterà. Vedremo il colore».
Qualche giorno fa il Coni ha scelto il portabandiera: sarà Federica Pellegrini. Condivide la scelta?
«Non voglio aprire una polemica su questo tema. So, però, che a Rio doveva toccare a un uomo, ma ben venga Federica. E davanti a lei non c'è nulla da dire».
Capitolo doping. Ci sono diversi casi, l'ultimo l'altro ieri con Niccolò Mornati. Cosa pensa di questo fenomeno?
«Ho ascoltato la notizia alla radio mentre tornavo a casa dopo il match. Hanno parlato di me e poi del doping. Sono molto dispiaciuto per lui e per lo sport italiano».
L'atletica si divide sul caso Schwazer. Secondo lei, è giusto che torni a vestire la maglia azzurra?
«Alex è stato un grande atleta. Ha sbagliato, lo hanno squalificato, ha fatto un percorso di pentimento ma non so se questo possa bastare ai suoi colleghi. Schwazer a Rio? Decisione complicata, sia se si decide di portarlo o di lasciarlo a casa».
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