Quella paura che in estate si stava trasformando in un incubo
«A maggio, a causa di alcuni problemi della Fondazione, il Santa Lucia rischiava di sparire. Così io e Matteo Cavagnini (il capitano della squadra) ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che non poteva finire questa storia. Il vecchio presidente ci ha passato le quote della società e ci siamo lanciati in questa nuova avventura».
Il problema più grande con il quale vi siete scontrati?
«Trovare un campo. Quesllo del Santa Lucia doveva subire dei lavori e sembrava non essere disponibile. Abbiamo passato l'estate a cercare ovunque. Poi ad agosto ci hanno detto che potevamo continuare lì visto che i lavori erano slittati. Una liberazione. E poi di sicuro i fondi per andare avanti».
E cosa avete fatto?
«Siamo partiti con il Crowdfounding (www.retedeldono.it) poi abbiamo cominciato a cercare degli sponsor».
Immagino non sia stato nemmeno semplice trattenere i giocatori
«Esatto. Della vecchia guarda siamo rimasti in 5. Ora invece contiamo 13 giocatori e siamo riusciti a coinvolgere altri 5 ragazzi giovani».
Lei è il primo caso di presidente-giocatore
«Ride (ndr). Sì, mi schiero sempre. Io ho iniziato a giocare al Santa Lucia nel 1992. Io ho vissuto entrambe le fasi: la prima in cui la squadra era più “familiare” poi dal 2003 abbiamo ingaggiato dei professionisti. Con loro ho fatto 24 finali scudetto consecutive e vinto 3 coppe Campioni».
E questa che fase è?
«Siamo tornati una squadra più familiare. Io sono contento. Ma devo dire che questo è stato un anno molto fortunato, non credo che il prossimo potremmo ancora contare su tutti questi volontari».
Esprima un desiderio
«Il desiderio è che il Santa Lucia rimanga ai suoi livelli e che continui ad essere il punto di riferimento dello sport paralimpico, quale è sempre stato».
E basta?
«E per far si che tale sogno possa realizzarsi abbiamo bisogno di sponsor».
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