Simona Quadarella, da Roma al podio ai mondiali di nuoto di Budapest

Simona Quadarella, da Roma al podio ai mondiali di nuoto di Budapest
di Piero Mei
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Giovedì 27 Luglio 2017, 09:14 - Ultimo aggiornamento: 20:20
Simona Quadarella sapeva ancora di latte quando la misero in acqua per la prima volta: era un corso di ambientamento per neonati. Del resto una campionessa come Novella Calligaris spiega che la prima cosa che un cucciolo d'uomo fa è nuotare, nella pancia della mamma. Aveva sette anni quando in un tema di terza elementare, alla Borgata Ottavia dove è nata e cresciuta, la stessa dove vive il sindaco Raggi, aveva scritto: «Ho una sorella molto forte, io voglio diventare come lei, anzi più forte». La sorella, di nome Erica, nuotava alla grande: più tardi ha preferito lo studio dell'ingegneria. Simona, che ha appena preso la maturità scientifica, voto 90, e che si iscriverà all'università privata Link Campus per studiare economia aziendale, tra frequenza e telematica, ha continuato a preferire il nuoto e lo farà ancora.

IL CIRCOLO
Perché Simona non ha ancora 19 anni ed ha già un passato di medaglie alle spalle, fra le quali quella di prima italiana a vincere le Olimpiadi dei ragazzi a Nanchino, fino all'ultima di ieri l'altro, a Budapest, mondiale nei 1500 metri, la stessa gara che fece impazzire il Foro Italico quando premiò un'altra romana, Alessia Filippi. Oltre che medaglie del passato, Simona ha anche sogni del futuro: l'acqua era sufficientemente nel suo destino, giacché, per dire, fa parte del gruppo sportivo dei Vigili del Fuoco, le Fiamme Rosse, quelle delle Capannelle, e si allena all'Aquaniene, nel cui circolo di pertinenza, l'Aniene appunto, attualmente il più in di Roma, è tesserata come atleta. Il che è anche Federica Pellegrini.

Ha fatto la tesina d'esame sul caso come fattore delle opere umane: «è un po' filosofa», dice il suo allenatore Christian Minotti, che si definisce un «secondo papà» ma forse è un fratello maggiore, avendo meno del doppio dei suoi anni, romano anche lui, di Colli Albani, zona Appio Latino. Può darsi: ma in realtà non lascia niente al caso, né lei né Minotti, anche lui medaglie quando gareggiava. Che l'unico «rimprovero», se così si può dire, è che non la vede «abbastanza romanista», perché, dice, «essere giallorosso nel cuore t'insegna a soffrire fino in fondo». Ora quei suoi pensieri di gloria del temino elementare, Simona potrebbe lanciarli attraverso i suoi profili social: perché se conosce la fatica un po' antica dell'allenarsi, apprezza tutti i gadget e le opportunità della ragazza d'oggi.

ORIZZONTE TOKIO
Il cellulare è il più fisso dei compagni, la conversazione è più scritta che non parlata, c'è qualche filarino come per tutte, e ci sono i gelati, gli aperitivi, i centri commerciali, le multisale e quel po' di movida, compresa la discoteca e la musica, più quella angloamericana che non altre, ma in quantità limitata. L'unica cosa che non ha limiti, per lei, è l'acqua: chilometri e chilometri di bracciate, che a misurarli in metri perdi il conto, ma nessuna propensione per nuotare fuori dalla piscina, «il mare mi fa paura». Tanti chilometri da condurre, chissà mai, fino a Tokyo 2020, prossima Olimpiade, quando finalmente la sua gara entrerà in programma. Peccato che quel mostro marino dell'americana Katie Ledecky abbia solo un anno più di Simona. Ma chissà che i 14 familiari che l'hanno tifata qui, il papà Carlo che lavora in banca, la mamma Marzia che insegna inglese (Simona lo parla bene, ma non si butta) e quelli venuti da Siracusa, non avranno da fare un charter.

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