IL BLACK MAMBA
Festa, dicevamo, ma anche passo d'addio per Kobe Bryant che è titolare nel quintetto della Western Conference con Curry, Westbrook, Durant e Leonard (con loro ci sono Paul, Thompson, Harden, Green, Aldridge, Cousins e Davis). Bryant, l'uomo dei Lakers, è impegnato nel suo lungo giro per i saluti e spesso dispensa serate magiche, tanti punti - poche sere fa addirittura 38 - e giocate straordinarie. L'All Star Game sarà una passerella per Black Mamba, il terzo marcatore della Nba ma, soprattutto, un giocatore carismatico quasi quanto Jordan. Lo lasceranno giocare, nel senso che non ci sarà una marcatura asfissiante - che nella Nba quasi mai c'è se non nelle finali - per lui. Kobe darà sfoggio del suo repertorio mentre dall'altra parte, nella Eastern Conference guidata in panchina da Lue, in nuovo coach dei Cavaliers (ha preso il posto di Blatt) ecco il fenomeno LeBron James insieme a Lowry, Wade, George e Anthony. Scintille autentiche ma, anche, storie speciali come quella di Paul George. Il campione degli Indiana Pacers è tra i protagonisti dopo un anno e mezzo dal terribile infortunio che poteva costargli la carriera, quella frattura scomposta a tibia e perone della gamba destra nell'agosto 2014 a Las Vegas alla vigilia dei Mondiali. C'erano dubbi sul suo recupero ma Paul ce l'ha fatto, con caparbietà e ostinazione è tornato e vederlo giocare fa dire «è sempre quello di prima». Il 5 aprile dello scorso anno è tornato sul parquet contro Miami, 13 punti quella sera per ripartire. «Di questo All Star Game vado fiero», ha spiegato Paul che è alla sua nona partita delle stelle. Tra gli esclusi, gli assenti, non vedremo Pau Gasol e Rondo ma neppure Duncan e Nowitzki.
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