Invece, il direttore di gara, nel ritorno degli ottavi di finale della Coppa Italia di Eccellenza (si partiva dal 3-1 ottenuto dal Nettuno all'andata) ha condizionato e indirizzato il match con la sua incredibile conduzione disciplinare del match, suscitando alla fine l'idea che ci fosse quasi una prevenzione. Soprattutto nella ripresa, subito dopo il 2-0 a favore del Ciampino, risultato che aveva incanalato la qualificazione verso i ragazzi di Mirko Granieri, l'arbitraggio è diventato singolare ed è sfociato in un bilancio di tre cartellini rossi ai calciatori del Ciampino, un rigore a favore del Nettuno dubbio, un gol concesso sempre al Nettuno con sospetta posizione di fuorigioco, oltre ad un'elevatissima dose di nervosismo generata per tutto il match dai suoi atteggiamenti e dall'incapacità di raccogliere le segnalazioni dei propri assistenti.
Ai calciatori del City va data la colpa di essere fatti risucchiare nel vortice, ma di certo le decisioni arbitrali (ad eccezione del rigore iniziale, poi sbagliato dal Nettuno) sono arrivate tutte quando il Città di Ciampino sentiva in tasca l'impresa e, dunque, non aveva nessun motivo per far degenerare l'incontro. La cui conclusione, oltre a mandare in fumo l'impresa del Città di Ciampino (che era meritata...) ha anche offuscato il passaggio del turno del Nettuno, rimasto a tratti incredulo per tanta grazia inaspettata e che passa il turno, nonostante il ko finale (2-1).
La speranza (vana, sembra) è che al Superga ci fosse un osservatore arbitrale che abbia valutato l'operato negativo del signor Scotto D'Antuono, per sottlineare la sua scarsa forma (chiamamola così...) o addirittura l'indaguatezza a dirigere a certi livelli. Purtroppo, invece, resterà la certezza che il Città di Ciampino, e così molti altri club dilettanti, debbano ancora una volta pagare, in termini sportivi e non solo, i limiti di una classe arbitrale che spesso, tra i suoi associati, confonde gli aggettivi arrogante, impertinente e dispotico con quelli di bravo, capace e preparato.
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