Africa, il Mondiale è sempre in salita: Senegal e Nigeria le uniche speranze

Africa, il Mondiale è sempre in salita: Senegal e Nigeria le uniche speranze
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Lunedì 25 Giugno 2018, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 14:57
L’Africa. Plana sui Mondiali trascinando sempre una valigia di allegria, e leggerezza, e divertimento, e puntualmente manca l’appuntamento con la felicità. È una costante. Eppure, primo o dopo, in qualche grande dirigente federale dovrà insorgere il desiderio di scoprire le ragioni di questo andare tecnico così misero e allora, magari, provare addirittura a tracciare una linea di soluzioni.

Non succede da una vita, ed è un peccato: perché a guadagnarne sarebbe l’intero movimento del pianeta, e non soltanto la piccola grande comunità africana del pallone. Del resto si cresce in regime di libera concorrenza e non certo di monopolio. Ieri, per dire, il Senegal di Cissé ha danzato a lungo con la qualificazione anticipata agli ottavi di finale del Mondiale. Evidentemente non deve aver regalato fortuna il balletto che i giocatori hanno inventato durante l’allenamento dell’altro giorno.

Avessero battuto il Giappone a Ekaterinburg, i Leoni della Teranga – teranga significa ospitalità in senso smisurato – avrebbero ottenuto la promozione. Invece hanno soltanto pareggiato e, adesso, corrono perfino il pericolo di sbandare oltre la curva della Colombia giovedì pomeriggio. A guardare lo scenario dall’alto, si rischia lo sconforto completo. Tanto che, negli occhi dei ct, è un nulla intravedere il fumo che sale dalle macerie di squadre anche ben equipaggiate sotto il profilo tecnico.

Tanto per capirsi, il Senegal può disporre di tipetti come Sow, Niang, Mané, Koulibaly e Keita Baldé... Tuttavia, come detto, rischia di dover rinunciare in partenza a un sogno senza confine. Come pure la Nigeria guidata del tedesco Rohr, che domani sera affronterà la (disperata) Argentina di Leo Messi in una gara che probabilmente inaugurerà cattedrali di emozioni, e suggerirà nuovi significati alla parola sfida. Comunque va pure precisato, per evitare di scivolare sul ghiaccio del pessimismo, che il Senegal e la Nigeria sono ampiamente avviate verso gli ottavi. Se vinceranno, d’altronde, per l’appunto contro la Colombia e l’Argentina, centreranno gli ottavi, eliminando due sudamericane in avvio accreditate di un lungo percorso.

Opposto è stato però finora il sentiero dell’Egitto dell’argentino Cuper, del Marocco del francese Renard e della Tunisia di Maaloul. Tutti sono fermi a quota zero punti, dopo aver giocato due partite. Eliminati. Un fallimento? Un tracollo, altro che. Quattro anni fa, in Brasile, il blocco africano non aveva ottenuto risultati migliori: perché il Camerun, il Ghana e la Costa d’Avorio erano rotolati fuori dalla porta della fase a gironi, mentre l’Algeria e la Nigeria si erano addormentate agli ottavi. A rifletterci, l’Africa non riesce a convertire l’entusiasmo mondiale in carburante tecnico e tattico. Eleva i difetti alla dignità della bellezza ma non dell’efficacia. Ha poca memoria di gesti simili. Si affida, senza troppo pensarci, a ct europei. E quel che fa non basta mai. Ha trascorso una vita in quell’errore. Dal 2026, poi, potrà contare su 9 squadre accreditate alla Coppa del mondo, anziché 5. E chissà se sarà un guadagno o soltanto un ricavo.
 
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