Calcio a 5, il presidente Andrea Montemurro: «Sogno i Mondiali a Roma»

Calcio a 5, il presidente Andrea Montemurro: «Sogno i Mondiali a Roma»
di Gianluca Cordella
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Lunedì 16 Gennaio 2017, 14:21
ROMA Andrea Montemurro è uno degli uomini nuovi dello sport italiano. A 40 anni è diventato il più giovane presidente della storia del Coni, subentrando dopo 22 anni a Fabrizio Tonelli alla guida della Divisione Calcio a 5 della Figc. «Un'egemonia», la definisce, che lascia in eredità la necessità «di dare una bella mano di vernice».
Partiamo da questa mano di vernice...
«Ereditiamo una situazione difficile. Negli ultimi anni c'è stata una mortalità di squadre superiore al 30% annuo. Il calcio a 5 all'estero ha una sua dignità. In Spagna, Portogallo o Russia ha una visibilità molto forte. Da noi è stato completamente abbandonato».
Quali sono i mali del calcio a 5 italiano?
«Il nostro è lo sport più praticato in Italia a livello assoluto. Il problema è che è molto praticato e poco visto. E poi c'è un problema di percezione. Si pensa troppo che il calcio a 5 sia una possibilità da valutare a fine carriera, quando hai 40 anni e qualche chilo in più. Ma non è così. In Sudamerica o in Spagna è propedeutico per il calcio: il bambino comincia a 5 e verso gli 11 o 12 anni sceglie se continuare o provare con il calcio a 11. Hanno cominciato così Iniesta, Messi, Ronaldinho, Higuain. Per questo abbiamo lanciato subito un progetto con Hernan Crespo, Futsal in Soccer, per mettere in contatto i club del calcio con le società di calcio a 5 cercando dei percorsi da condividere».
Partire dai vivai è anche un modo per invertire la tendenza degli oriundi?
«Il mio predecessore credeva che attraverso i risultati della Nazionale il movimento potesse avere un giovamento. Non capendo che se in campo vanno 12 oriundi, com'è successo nel 2004, puoi anche vincere l'Europeo ma le persone fanno fatica a identificarsi. Per arrivare a una Nazionale competitiva e far entrare i brasiliani si è stati costretti ad allargare le maglie dei tesseramenti. Così le squadre, invece di prendere un ragazzino di Cisterna a 800 euro, tesseravano il brasiliano a 600. Siamo arrivati a un campionato fatto per l'80% di oriundi. Con ripercussioni anche di altro tipo: il giocatore italiano, non fosse altro perché è seguito da amici e parenti, genera quell'attenzione che il brasiliano che arriva in Italia da solo non può darti».
Altro tasto dolente: i palazzetti da riempire.
«Ci sono piazze molto affermate che ogni domenica fanno duemila persone. Ma sicuramente dobbiamo riportare quell'entusiasmo intorno al movimento che si è un po' perso negli anni».
Perché c'è questa discrepanza tra i praticanti e l'eco generale del suo sport?
«C'è stata una comunicazione che a un certo punto si è fermata. Il calcio a 5 nasce tra i bambini che giocano per strada e fanno le porte con i cappotti. Poi arriva sulla terra rossa e, dopo ancora, diventa sport d'elite. Prima di perdersi nei meandri degli oriundi, del doping, ecc. Io devo cercare di far ritornare la percezione che sia una sport di strada. Tanto praticato e divertente. L'unico in cui una finale scudetto può cambiare radicalmente esito in 30 secondi. Dobbiamo cavalcare il divertimento assicurato, facendo capire che si tratta di un prodotto da vedere, sia dal vivo che in tv».
All'orizzonte c'è il test dell'accordo fatto con Fox.
«Speriamo di raggiungere il maggior numero di persone possibile. Aspettiamo comunque di vedere quale sarà il prodotto. Quando andava in Rai qualche anno fa, andava in orari disperati, con un prodotto lento. Il calcio a 5 è uno sport giovane e deve esserlo anche nel modo di proporsi».
Pensando ai giovani è ovvio il riferimento al mondo social.
«Questo sport ha un forte bisogno dei new media, della viralità delle immagine. Il brasiliano Falcao è il giocatore di calcio a 5 di riferimento a livello mondiale ed è uno che sui social ottiene cinque, sei milioni di visualizzazioni, pur non avendo mai fatto un giorno di tv. Fa le tournee in India con diecimila persone al palazzetto. Dobbiamo capire che il nostro target di riferimento è estremamente giovane».
Com'è la situazione del movimento a livello tecnico?
«Generalmente buona. Sta crescendo in particolare il femminile che sta superando le tesserate del calcio. Nel campionato di serie A militano le giocatrici più forti del mondo che garantiscono uno spettacolo veramente bello da vedere».
E la Nazionale?
«Va riformata anche quella. Purtroppo al ct in carica è stato prolungato il contratto, che pure non era in scadenza, a pochi giorni dall'elezione. Questo nonostante sia uscito all'Europeo con il Kazakistan e al mondiale con l'Egitto. Mi ritrovo con un allenatore in carica che non ho scelto io con il quale dobbiamo condividere un programma. Faremo prove di convivenza».
Ha fissato un obiettivo possibile e un sogno inconfessabile della sua presidenza?
«L'obiettivo da raggiungere assolutamente nei quattro anni è portare il calcio a 5 tra i dieci sport più popolari in Italia, in termini di visibilità. L'utopia è farlo diventare il secondo sport in Italia dopo il calcio. Il sogno sono i Mondiali a Roma, al PalaEur, finale Italia-Brasile».