​Candreva: «La fascia di capitano a Biglia
mi ha spento: finita la magia con la Lazio»

Candreva: «La fascia di capitano a Biglia mi ha spento: finita la magia con la Lazio»
di Valerio Cassetta
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Martedì 13 Settembre 2016, 14:54 - Ultimo aggiornamento: 20:30
Candreva: «La Lazio mi impedì di essere un riferimento. Sogno un grande futuro con l’Inter». Ceduto all’Inter lo scorso agosto, Antonio Candreva non ha dimenticato la Lazio e i suoi tifosi. Dopo aver indossato la maglia biancoceleste dal 2012 al 2016, l’esterno della Nazionale è tornato a parlare dell'esperienza nella Capitale ai microfoni della trasmissione “Quelli che hanno portato il calcio a Roma”, in onda questa mattina su Radiosei. 

Emozione. Il fantasista di Tor de’ Cenci, ha ammesso: «Fa uno strano effetto essere in diretta radio, mi è venuta un po’ di pelle d’oca nel risentire la cronaca dei gol segnati con la maglia della Lazio. Voglio bene a tutti i tifosi. Quelli contro il Napoli sono i più importanti: il primo in assoluto segnò la mia rinascita dopo un inizio difficile, l’altro invece fu importante per la qualificazione in Champions League, quando vincemmo al San Paolo per 4-2. La Lazio mi ha lanciato, ho passato tante notti indimenticabili. Mi manca andare al campo di Formello in anticipo e scherzare con i magazzinieri e Giocondo, lo chef».


L’arrivo a Roma. Partendo dagli inizi della sua avventura, l’ex laziale ha raccontato: «Al Cesena non giocavo nel 2012 perché mi avrebbero ceduto nella sessione invernale del mercato. Alcuni dicevano: “Abbiamo preso un calciatore che non giocava nemmeno al Cesena”. Non era vero. All’epoca ero di proprietà dell’Udinese, giravo sempre in prestito tra tante squadre. Mi cedevano al 50%. Giampaolo mi volle fortemente al Cesena, gli piacevo».


Gli insulti. Arrivato a Roma, Candreva non fu accolto bene dai tifosi della Lazio: «Ero in viaggio col Cesena verso Napoli perché dovevamo giocare lì. Poi Pastorello, il mio procuratore, mi chiamò per dirmi che era fatta con la Lazio. E da Napoli ho raggiunto con un treno regionale Roma, per poi fare le visite mediche il giorno dopo. Salito in macchina con Maurizio Manzini alla guida, il team manager della Lazio, ascoltai alla radio tutti gli insulti dei tifosi laziali nei miei confronti (fu accusato di essere tifoso della Roma, ndr). Speravo che Murizio cambiasse stazione, e invece no, li ascoltai tutti (ride, ndr). I primi giorni ho avuto un po’ di difficoltà, ma avevo fatto le Olimpiadi già con Rocchi, poi conoscevo anche Marchetti, Biava e Zauri. I compagni mi hanno tranquillizzato. Reja è stato determinante, lo sento ancora oggi, ci facciamo gli auguri. Mi trattava benissimo, mi ha fatto sentire sempre a casa. Non volevo deluderlo».

Incantesimo spezzato. Lavorando duramente e rispondendo agli insulti con le prestazioni, Candreva riuscì a trasformare le critiche in applausi: «La prima rete è  stata contro il Napoli. Fu un gesto istintivo, non avevo promesso nessuna esultanza. Rivederlo è un’emozione unica. Ho pensato che da lì in poi sarei stato più tranquillo per dimostrare le mie qualità. Sentivo più fiducia dall’ambiente. In quelle partite successive ci fu un cambiamento, e arrivarono delle prestazioni positive. Poi la Lazio riscattò il 50% del mio cartellino e da lì iniziò un altro percorso. Finché poi nel 2012-13 sono diventato interamente di proprietà biancoceleste. La gente laziale mi incoraggiava. Era uno stimolo per fare sempre meglio e mi facevano capire cosa volesse dire vestire la maglia della Lazio».

Allenatori. Tanti i mister conosciuto alla Lazio, oltre a Reja, Candreva ha ricordato l’allenatore con cui vinse la Coppa Italia nel 2013: «Con Petkovic abbiamo fatto un primo anno indimenticabile per tutti. Per sei mesi benissimo, poi c’è stato un calo fisico e abbiamo perso un po’ di certezze. Però rimane il 26 maggio che ha sancito la gioia di tutti noi con la vittoria della Coppa. Abbiamo vinto la partita più importante della storia. Con Pioli percorso meno positivo».

26 maggio 2013. Non poteva mancare un pensiero al derby vinto contro la Roma in finale di Coppa Italia: «In generale prima dei derby è un casino. Il giorno prima di solito c’è tanta tensione, già dall'inizio della settimana. Non me le ridarà più nessuno quelle emozioni positive. Per quanto rituarda il 26 maggio, invece, passammo i giorni precedenti alla finale in ritiro a Norcia, poi la vigilia della gara la passammo a Formello. Ero in camera con Federico Marchetti, non abbiamo dormito. Ci ripetevamo: “Non possiamo mai perdere”. Federico alle 6.00 di mattina uscì dalla camera per fare due passi. Ma quando poi si scese in campo, dimenticammo tutto. Non fu un grande partita, poche occasioni, ma l’unica avuta l’abbiamo buttata dentro. Mi sono fatto il quadro con la maglia di quel giorno, l’ho appeso a casa mia».

La cessione. Venduto in estate all’Inter, Candreva è andato via tra le polemiche, ma ha voluto fare chiarezza una volta per tutte: «Sono umile e leale. Fino all’anno sorso ero incedibile per la Lazio, poi non lo sono più stato. Per me sono sempre arrivate proposte negli anni, ma la Lazio le aveva sempre respinte. Solo nell’ultimo anno aveva iniziato a prenderle in considerazione. Forse hanno voluto fare cassa con me. Certo, io avrei potuto rifiutare e restare a Roma, ma la mia intenzione era quella di diventare un punto di riferimento, qui non mi hanno dato modo di farlo. Alla fascia da capitano ci tenevo, pensavo di meritarla, ma prima di me c’erano altre persone più meritevoli. Alla Lazio hanno sempre dato la fascia per vecchiaia, quindi in ordine: Radu, Marchetti e Klose. A Pioli dissi che non avrei fatto il vice-capitano. Non voglio fare polemica. Dando la fascia a Lucas Biglia, il mister pensava di fare scelta giusta. Il gruppo l’ha presa bene. Non c’e stata polemica. Pioli non mi ha dato spiegazioni sulla fascia data a Biglia. Da quel momento, un po’ di cose sono cambiate. Ero po’ spento, avevo perso la magia. Avvertivo che era finito qualcosa». 

Inter. Approdato in nerazzurro, Candreva ha ammesso: «Dopo aver perso 6-0 l’amichevole con il Tottenham e il successivo esonero di Mancini, mi sono sentito un attimo perso, ma non ho pensato che meglio rimanere a Roma (ride, nrd). Qui ci sono tanti giocatori forti, è una bella squadra, ma costruita in poco tempo. Quando in partita ci sono le punizioni mi alterno con Banega. Con il mister De Boer ci conosciamo da poco. Speriamo di avere un grande futuro».
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