Caso biglietti, rapporto Juve-Dominello nasce dalla richiesta di Conte di «gestire la curva»

Caso biglietti, rapporto Juve-Dominello nasce dalla richiesta di Conte di «gestire la curva»
di Ugo Trani
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Venerdì 24 Marzo 2017, 20:26 - Ultimo aggiornamento: 25 Marzo, 13:08
dal nostro inviato
PALERMO A volte il mondo del calcio, anche quando ne potrebbe fare volentieri a meno, sembra complicarsi la vita da solo. E' bastata una frase di Michele Uva, rilasciata davanti alle telecamere e quindi impossibile da smentire, a rendere sempre più fragile il Governo del pallone. Perché a parlare,  nel giorno in cui il presidente Tavecchio non ha potuto seguire per motivi di salute la Nazionale, è stato il dg della Figc. Che, dovendo scegliere il luogo, ha anche individuato quello meno adatto: Palermo. Perché la dichiarazione del contendere è sull'inchiesta dei biglietti agli ultrà e sulle infiltrazioni della ndrangheta nella curva della Juve: «Ci sono state delle attività che si sono svolte. C'è in atto una attività penale verso alcune persone dove la Juventus non esiste, non è coinvolta. C'è una attività della Procura federale, dove sono state violate delle norme. Siamo sereni, mi sembra che si stia alzando troppo il volume su una cosa banale e penso che i problemi dell'Italia e della Commissione Antimafia dovrebbero essere rivolti verso attività ben diverse da quelle dei biglietti ad una curva» l'intervento testuale del direttore generale della Federcalcio a Villa Niscemi. Con un'aggiunta sempre sulla posizione del club di Andrea Agnelli: «Sulla Juve c'è un procedimento sportivo che in piena autonomia concluderà il suo iter: se è stata violata qualche norma, si vedrà». Spiazzato il presidente Tavecchio, irritato il procuratore federale Pecoraro. ​Intanto, stando ad alcune intercettazioni agli atti dell'inchiesta della magistratura di Torino, il rapporto tra la Juventus Rocco Dominello, accusato di associazione per delinquere di tipo mafioso, nascerebbe a seguito delle richieste dell'allora tecnico bianconero Antonio Conte di «gestire la curva».

STRAPPO ISTITUZIONALE
La replica a Uva è stata immediata. Con una nota ufficiale del presidente della Commissione Antimafia Rosi Bindi: «La Commissione parlamentare Antimafia non fa processi, men che meno mediatici. Di questo si cerchino altrove le responsabilità. Preoccupa che il direttore generale della Federcalcio ritenga che ciò di cui ci stiamo occupando non sia una cosa seria. Ciò che fa male all'Italia sono le mafie, anche quando si infiltrano nello sport, e la sottovalutazione di questo fenomeno. L'inchiesta della Commissione proseguirà a tutto campo». E, a seguire, durissima anche la risposta del vicepresidente Claudio Fava. «Se il dg della Federcalcio definisce una cosa banale un'inchiesta penale sulle infiltrazioni della 'ndrangheta nel circuito del tifo organizzato c'è da essere preoccupati. Se poi si chiede alla Commissione Antimafia di occuparsi d'altro c'è da essere anche imbarazzati». Il chiarimento successivo di Uva, all'agenzia Italpress, è servito a poco: «Bisogna evitare un processo mediatico, non ho detto che lo sia. Ci sono gli organi di giustizia, sportiva e ordinaria, preposti, che valutano e leggono le carte e danno al soggetto la possibilità di difendersi su delle basi».

PRESIDENTE CERCASI
Il dg ha anche spiegato che non sarà lui il commissario della Lega di A. Oggi, alle ore 11, è in programma l'assemblea della Lega di B.
E' probabile che si presentino meno di 12 club e che quindi non venga raggiunto il numero legale. Così, lunedì a Coverciano, il Consiglio Federale rischia di riunirsi senza i presidenti delle due leghe (e con 17 consiglieri su 21).
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