Lo schiaffo all'Argentina e il figlio all'anagrafe olandese: Johan, campione fuori dagli schemi

Lo schiaffo all'Argentina e il figlio all'anagrafe olandese: Johan, campione fuori dagli schemi
di Piero Mei
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Giovedì 24 Marzo 2016, 15:32 - Ultimo aggiornamento: 19:30

Il numero 14, che vestì la leggenda, fu un caso: alla prima assegnazione delle maglie dell’Ajax Hendrik Johannes Cruijff non c’era per infortunio e l’8 e il 9 furono presi da quelli che erano disponibili. La sequenza era obbligatoria, l’attribuzione definitiva per la stagione. Quando tornò, gli toccò il 14. L’Ajax vinse e Cruijff quel numero non l’avrebbe abbandonato più. Perfino da blaugrana, quando le norme spagnole imponevano la numerazione dall’1 all’11, prese sì il 9 ma sotto, tipo maglietta della salute, indossò sempre una maglia del Barcellona con il numero 14. Una scaramanzia per un uomo senza vizi; non ne ho che due, diceva, il calcio e il fumo: il primo mi ha dato tutto, il secondo vuole togliermelo.

Gliel’ha tolto a 68 anni, insieme con la vita. Chissà se in questi ultimi mesi avrà pensato a quella cinquantina di sigarette fumate ogni giorno ai bei tempi, a quella indimenticabile che accendeva e aspirava durante l’intervallo. Una, indimenticabile: un 5 a 0 del Barça al Real al Bernabeu. Il Real! Volevano mandarlo lì dall’Ajax, ma lui no: lui voleva Rinus Michels, l’allenatore di gioventù, che era già al Nou Camp; e non gli piacevano i franchisti e le merengues. Anni dopo (il passaggio è del ’73) rifiutò, dopo aver dato una mano e i suoi due piedi alla qualificazione dell’Olanda al mondiale d’Argentina, rifiutò la fase finale. Non gli piacevano i generali di Buenos Aires, non voleva far loro da foglia di fico. Quanto ai franchisti, poi, basti ricordare che il figlio maschio, calciatore anch’egli, è stato chiamato Jordi, come San Giorgio in catalano. E giacché in Spagna il catalano era mal visto, lo fece registrare all’anagrafe olandese e poi si presentò agli uffici di Barcellona e disse semplicemente “copiate come è scritto”.

Le improponibili ma fascinose discussioni su chi sia stato il migliore, lo mettono a volte in pole position: Pelè ha fatto più e più gol, Maradona ha vinto dove non si poteva e quel che non si poteva. Cruijff, dal punto di vista dell’Olanda sua, non ha vinto sul campo, ma nell’immaginazione di tutti sì: è stato lui se non il più forte il più grande. La sua Olanda ha rivoluzionato il calcio: mica solo per quei 17 passaggi da un piede olandese all’altro (a proposito: fu rivedibile alla leva militare perché aveva i piedi piatti) dal fischio d’inizio, 125 nella finale mondiale del ’74, 125 secondi che si conclusero con Johan falciato in area e il rigore, anche perché poi la partita fu vinta dalla Germania dell’Ovest (era divisa, allora); piuttosto perché pur non vincendo l’Olanda divertiva e si divertiva. L’Ajax e il Barcellona, le sue squadre, vincevano pure. Andò in America e non giocò con i Cosmos perché avevano il campo sintetico e i piedi di Cruijff volevano un giardino d’erba; quando tornò in Olanda all’Ajax dissero «sei vecchio» e lui rispose «decido io quando sono vecchio», passò al nemico Feyenoord e vinse lo scudetto.

La tecnica era speciale, da miglior calciatore del mondo quale disse di essere diciassettenne allorché spalancò la porta del lavatoio dell’Ajax dove la mamma stava facendo il bucato per i giocatori e le disse «ehi, donna, smettila: da oggi dovrai accudire soltanto Johan Cruijff, il miglior calciatore del mondo» e sventolava il contratto da professionista, il secondo nella storia olandese. Nella storia spagnola spuntò un contratto da un miliardo e mezzo (vecchio conio) l’anno e le sue gambe vennero subito assicurate per due e mezzo. 752 partite, 452 gol: un finto nueve o anche un nove vero e a fine carriera perfino un vero libero. Un giorno discuteva con un arbitro e teneva il pallone tra le braccia. Gli si avvicinò un compagno e gli disse: «Dacci quel pallone, abbiamo diritto di giocarci anche noi»; «Ti chiami?»; «Jorge Valdano»; «Quanti anni hai?»; «Ventuno»; «E non sai che a ventuno anni a Cruijff si dà del lei?». Arroganza? Consapevolezza? Voglia di dare una lezione? «Puoi leggere tutti i libri di psicologia che vuoi ma quando ti fischiano in 90 mila non c’è libro che tenga» disse una volta. Magari allora l’avranno pure fischiato, ma l’applauso per Cruijff è mondiale. Non è mai stato campione del mondo: ma è stato Campione.

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