Prima o poi doveva accadere, è accaduto nell'inferno del de Kuip: Roma di nuovo a testa alta, e l'Europa è ancora nelle sue mani. Con tante cose belle da raccontare, oltre a quelle brutte extra campo. Ad esempio, tanto per tener fede alle parole pronunciate alla vigilia («Siamo qui per vincere e vinceremo»), Totti ha cominciato con il piede pigiato sull'acceleratore ricamando calcio e cercando prima con il suo marchio di fabbrica, il cucchiaio, e poi con una punizione velenosa di portare la sua Roma avanti.
IL SEGNALE DEL CAPITANO
La fortuna, però, non gli è stata amica: il suo delicato pallonetto è terminato fuori di un nulla e la botta da palla ferma ha terminato la sua corsa addosso al palo alla destra dell'immobile Vermeer.
LA PROFEZIA
Il diamante grezzo, così l'aveva definito un anno fa Garcia, pian piano sta diventando un attaccante vero, uno che magari non ha la forza fisica del centravanti di sfondamento ma possiede una tecnica di qualità superiore. E proprio facendo leva su questa sua caratteristica, Adem è diventato un giocatore intoccabile (o quasi) per Rudi. Che l'ha aspettato, che gli ha dato fiducia a piccole dosi ma che, alla fine, si è ritrovato in casa un signor giocatore. Uno che, senza mai sorridere più di tanto, sta regalando parecchie emozioni alla gente romanista. Con la sensazione, abbastanza forte, che non abbia ancora espresso fino in fondo il suo potenziale. L'abilità dell'allenatore francese in questa stagione è stata quella di trovargli il posto giusto in campo: non troppo vicino a Totti, me neppure troppo lontano dal capitano. Bene così. Quinto marcatore giallorosso in Europa, Ljajic sa fare la seconda punta ma anche l'esterno: basta non lanciarlo in profondità ma dargli la palla tra i piedi. In questo caso, la giocata è assicurata. Come accaduto al de Kuip.