Fallimento Italia, Infront: «Gli sponsor restano tutti». Crollano i costi dei diritti tv

Fallimento Italia, Infront: «Gli sponsor restano tutti». Crollano i costi dei diritti tv
di Redazione Sport
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Martedì 14 Novembre 2017, 19:02 - Ultimo aggiornamento: 20:30
Un fallimento sportivo, un salasso economico. Se il pallone italiano si è sgonfiato, anche la cassaforte federale rischia di asciugarsi un pochino per le inevitabili ricadute economiche che la debacle mondiale porta con sè. Lo 0-0 con gli svedesi pesa come un'onta sul prestigio sportivo della nazionale 4 volte campione del mondo: la sua assenza a Russia 2018 svaluta il prodotto televisivo, incide sui contratti e sulle royalties complessivamente per cifre superiori ai cento milioni. «Ma - garantisce al telefono con l'Ansa Luigi De Siervo, ad di Infront, l'advisor della Figc per i diritti tv e il merchandising - non ci sarà alcuna 'fugà. Tra gli sponsor c'è una grande amarezza - spiega il manager - ma anche orgoglio di far parte della famiglia azzurra. Lo sport insegna che si vince e si perde e la reazione degli sponsor in queste ore è estremamente responsabile. Tutti stanno confermando il proprio sostegno alla nazionale - aggiunge - e contiamo che sia così anche in futuro perchè è cosi che i grandi brand e i grandi gruppi concepiscono le partnership: non ci si abbatte nel giorno della sconfitta. Chiaramente questo è uno scenario che nessuno aveva preventivato, ma nè noi, nè gli sponsor faremo mancare il sostegno a una nazionale che ha vinto quattro volte il Mondiale. Ovvio che ora scatti qualche difficoltà visto che i contratti che stavamo studiando e progettando per la Russia adesso verranno meno, così come i bonus per la qualificazione. Tuttavia - puntualizza De Siervo - non abbiamo alcuno sponsor che abbia cavalcato l'eliminazione per rompere i rapporti. Gli sponsor della nazionale sono leali e capiscono il valore di quello che vuol dire stare vicino alla nazionale. Nessuno in queste ore ha fatto mancare il proprio sostegno e confermato l'impegno per la nazionale italiana».

Oggi la nazionale azzurra può contare su 4 main sponsor: Puma, Poste, Fiat e Tim, più altri 4 premium sponsor (Lete, Lidl, Intralot, San Carlo), un Luxury partner (Ermannno Scervino), 10 official partner (Nutella, Frecciarossa, Fassi, Swisse, Radio Italia, Corriere dello Sport, Costa d'Oro, Goleador, Magniflex, Dixan) e due technical supplier (Sixtus e Technogym). Totale, 22 sponsor che garantiscono entrate per 43 milioni l'anno. Va da sè che senza la vetrina russa alcuni contratti saranno difficili da rinnovare alle stesse condizioni nel quadriennio che porta al Mondiale in Qatar nel 2022. «Ogni decisione sulla futura sponsorizzazione sarà presa una volta scaduto il contratto esistente ma non sarà certo una partita a pesare sulla decisione», fanno sapere dall'Eni secondo cui sponsorizzare la nazionale è innanzitutto «condivisione di valori». «Non mettiamo in discussione la nostra partnership, sia nel bene che nel male», aggiungono fonti della Tim. Lo sponsor tecnico Puma garantisce ogni anno 18,7 milioni: il contratto è blindato dal momento che scade nel 2022 e l'unica ricaduta certa saranno i mancati introiti delle royalties che l'azienda tedesca riconosce alla federazione per le magliette vendute durante i grandi eventi sportivi. Nel 2018 scadranno però tre sponsorizzazioni di peso come Poste, Fiat ed Eni: nelle trattative di rinnovo peserà anche la debacle di ieri sera, ma il ruolo istituzionale degli sponsor storici delle nazionale non dovrebbe essere messo in dubbio, poiché il brand azzurro viene considerato un valore di per sè, indipendentemente dal fallimento di oggi.

Con l'Italia fuori da Russia 2018, torna tutto in discussione.
L'asta per i diritti tv della Fifa è sostanzialmente da rifare ed ovviamente il prezzo dei pacchetti è destinato a scendere vertiginosamente. Un bel risparmio per i broadcaster che si accaparreranno i diritti, che però non potranno contare sugli stessi introiti pubblicitari e sull'effetto che gli ascolti delle gare della nazionale hanno sulle performance complessive e quindi sul peso che le emettenti possono vantare sul mercato. L'impatto delle partite non è da poco se si considera che ben 32 dei 60 programmi più visti di sempre sono gare dei Mondiali. L'assenza dell'Italia potrebbe provocare, inoltre, un effetto a cascata: l'interesse per le altre gare, quelle che avrebbero ad esempio visto in campo le avversarie future della nazionale, potrebbe scemare. La base d'asta si era già leggermente ridotta rispetto ai 180 milioni sborsati da Sky e Rai per i mondiali passati, ma ora - sono le previsioni che circolano nelle aziende coinvolte - è ipotizzabile un taglio di oltre la metà, fino a due terzi in meno. La Rai, che si era fatta avanti sia per il pacchetto delle partite della nazionale, che per quello delle altre gare in chiaro, non ha intenzione di tirarsi fuori dalla competizione e potrebbe dover affrontare la concorrenza di Mediaset, che, in teoria, potrebbe puntare sia alla trasmissione in pay che a quella in chiaro. Anche Sky dovrebbe rimanere in campo per l'offerta pay, che - con l'assenza delle partite della nazionale - appare comunque destinata a rimanere marginale. La migliore gara del giorno (questa volta senza contare la nazionale) dovrebbe essere trasmessa, infatti, in chiaro. Per la Rai, rispetto alle previsioni fatte prima della mancata qualificazione dell'Italia, il risparmio potrebbe essere di oltre 50 milioni, per trasmettere più di venti partite. Quale sarà però il saldo finale è difficile prevederlo: è la prima volta che la tv pubblica deve fare i conti con uno scenario come quello attuale ed assumersi i rischi di un investimento che potrebbe non portare gli introiti sperati. Si apre una nuova partita, dunque, il cui esito si saprà probabilmente solo all'inizio del 2018.
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