Figc, parla il dg Uva: «Giovani e sorrisi, così l'Italia s'è desta»

Michele Uva
di Alessandro Angeloni
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Giovedì 26 Maggio 2016, 08:24
Un passo dall'Europeo, una decina verso il futuro. Il calcio italiano guarda avanti. «Ci vogliono dieci anni per tornare ai vecchi fasti. Un percorso lungo, abbiamo cominciato, i risultati si vedranno più avanti», assicura Michele Uva, direttore generale della Figc a quindici giorni dall'inizio dell'Europeo. Partiamo dal presidente del Consiglio: Renzi ha scelto Montella, voi?
«E' ridicolo anche solo pensare che il capo del Governo possa presentare una sua candidatura per la panchina della Nazionale. E' sancito dai regolamenti internazionali: la Figc è un organismo indipendente».
Quindi sceglie il presidente Tavecchio: a quando il nome del ct?
«La data è quella del Consiglio federale del 7 giugno. Ci sono i tempi tecnici per fare valutazioni sia di natura economica sia filosofica. Ma una cosa è certa: decidiamo noi e sarà una scelta condivisa. Verranno messe le persone giuste al posto giusto, dal ct ai suoi collaboratori, fino alla direzione tecnica (Lippi, ndr)».
Si aspettava un percorso di soli due anni con Conte?
«Ho sempre creduto che il suo lavoro finisse con l'Europeo. Conte lascia una grande eredità, fatta del suo lavoro, delle regole e nella continua e maniacale cura dei particolari. Ha creato un gruppo vero e penso che in Francia dimostrerà il suo valore».
C'è un sistema, per il futuro, di risolvere definitivamente i problemi con la Lega calcio?
«Capisco l'esigenza dei club, che investono molto sui calciatori e vogliono tutelarli. Ma finché non si capirà che la Nazionale è un veicolo e non un impedimento, è difficile. La Lega ha tante anime, quando arriverà ad averne una sola, tutto sarà più facilmente gestibile. Ci vuole dialogo, programmazione».

 
A proposito di programmazione: si parlava di dieci anni per ritornare al top. In questi due che cosa è stato fatto dalla Figc?
«Tanto. Si stanno creando le basi, appunto, per il futuro. Intanto siamo partiti da meno ventidue milioni di euro di tagli imposti dal Coni e non è stato facile».
Come li avete recuperati?
«Metà non concedendo la mutualità alle varie Leghe, il resto razionalizzando i costi e incrementando i ricavi, ottenendo quattro milioni di utili».
Gli arbitri non sono stati tagliati.
«Non è così. Anche a loro è stato chiesto un sacrificio. E' stato tolto un milione per i costi strutturali, altri quattro dalle designazioni, evitando ad esempio, di mandare ad arbitrare a Pordenone un direttore di gara di Matera. Sulle designazioni di serie A non siamo intervenuti: fare il ragionamento sui rimborsi a quei livelli sembrava riduttivo».
A proposito di arbitri: come ha fatto la Figc a far digerire ai direttori di gara l'arrivo della tecnologia?
«Il mondo va avanti, noi saremmo rimasti troppo indietro. L'importante è che questo rinnovamento sia condiviso, graduale e certo».
Qual è il motore per far ripartire il calcio?
«Intanto una federazione che sappia sorridere, poi i giovani come risorsa per un futuro tecnicamente di qualità. Per arrivare, come ha anche detto Tavecchio, alla riforme dei campionato».
Partiamo dai giovani.
«Abbiamo varato un progetto da 10 milioni di euro che, a regime, porterà alla creazione di 200 centri federali territoriali (in affitto, ndr). Ogni lunedì, tra istruttori e ragazzi, si allenano circa duecento mila persone con addosso lo stemma della federazione. Questo per dare un serbatoio alla Nazionale del futuro. E' il modello tedesco: in Germania, dopo il fallimento del 2000, sono ripartiti proprio da questo. E dopo dieci anni hanno raccolto i frutti. Importante anche la valorizzazione del calcio femminile. Quest'anno la Figc ha organizzato le due finali di Champions: quella delle donne a Reggio Emilia tra Lione e Wolsfburg e quella di sabato tra Atletico e Real. E a settembre, nell'elezione del presidente Uefa, l'Italia avrà un ruolo politico importante».
Quando rivedremo il campionato di serie A a 18 squadre?
«Non dipende dalla Figc, è una decisione che spetta alle Leghe. Noi abbiamo aperto un tavolo, aspettiamo risposte da un anno. Aspetteremo ancora, poi faremo la nostra proposta».
Stesso discorso per le seconde squadre.
«Esattamente, non dipende da noi».
La questione stadi.
«Io ho un'idea ben precisa. In Italia stiamo pensando a progetti troppo grossi. Vista la situazione economica del paese, pensare a costi così elevati diventa insostenibile. L'Espanyol ha costruito un impianto da 40 mila posti a 60 milioni di euro. Mi sembra questa la strada giusta».
Passiamo a Lotito: quanto per la Federcalcio è una risorsa e quanto costituisce un problema?
«Da lui, per quanto mi riguarda, non ho mai ricevuto interferenze. Lo ritengo una persona intelligente e un presidente preparato e poi lui, nel consiglio federale, rappresenta la serie A».
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