Il canto di Inzaghi risveglia la Lazio

Il canto di Inzaghi risveglia la Lazio
di Emiliano Bernardini
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Martedì 29 Agosto 2017, 07:30
Date a Simone quello che Simone chiede. È giusto, è dovuto. Non fosse altro per il semplice fatto che in poco più di un anno ha riportato il sorriso e la lazialità. Non solo i tifosi, ma anche i giocatori hanno senso di appartenenza. Sentono questa maglia come una seconda pelle. Non fatelo sgolare in conferenza stampa, lasciatelo che urli nei novanta minuti ed esulti a squarciagola con i suoi ragazzi. Come uno di loro. Perché Inzaghi ha dimostrato di essere l’uomo in più di questa squadra pur non giocando. 

AZIONI DIMOSTRATIVE
Asciugamano dietro il collo come un pugile dopo un incontro. Anche domenica ha lottato con la squadra spingendola verso tre punti d’oro. Nell’intervallo ha usato parole dure con i suoi. Non gli stava piacendo l’atteggiamento in campo, poca umiltà. E certe partite così non si vincono mai. Ha saputo correggere l’atteggiamento e soprattutto l’assetto. Cambi obbligati, seppur azzeccati. Una sorta di grido disperato. L’ingresso di Caicedo come indicazione alla società: «Io ho questi di cambi». Perché oltre le conferenze stampa, c’è il campo per lanciare appelli disperati. Che la rosa sia incompleta è chiaro da parecchio tempo, troppo. 

DAL CAMPO ALLA CONFERENZA
Dalla panchina alla sedia della sala conferenze: «Abbiamo bisogno di un giocatore in avanti. Mancano pochi giorni alla fine del mercato, serve una soluzione. Da qui a Natale giocheremo una volta ogni tre giorni. E poi va sostituito Hoedt, per noi era un giocatore importante». Una litania che Simone sta ripetendo alla sfinimento. Il primo campanello d’allarme l’ha suonato tre mesi fa, a due giorni dalla sconfitta in finale di Coppa Italia. «Bisognerà sedersi, pianificare le strategie insieme alla società e cercare di trattenere i giocatori più importanti». Era il 20 maggio scorso. Nella conferenza di presentazione della sfida contro l’Inter, ribadiva poi: «Se partono giocatori importanti, ne devono arrivare altri dello stesso livello». Valutazione, strategia e programmazione. A 72 ore dalla fine del mercato, la Lazio è esattamente allo stesso punto o quasi. E Inzaghi allora non perde occasione per far sentire la sua voce. Al Premio Calabrese si augurava - addirittura - di avere una rosa già pronta per il ritiro di Auronzo con giocatori di livello, forte delle garanzie che il club gli aveva promesso. Speranze rimaste tali. Perché al di là di Leiva, gli altri acquisti (Marusic, Caicedo e Di Gennaro, inutilizzato finora) avranno bisogno di tempo per ambientarsi. Tempo che Inzaghi avrebbe volentieri evitato. Alla fine del ritiro ripeteva: «Dobbiamo capire alcuni casi e risolverli al più presto. Rispetto alle prime siamo in ritardo, ma con il campo e qualche intervento della società possiamo risalire». Sul campo Inzaghi ha fatto il massimo, strappando la Supercoppa alla Juventus, ma radiomercato è rimasta silente. Tra l’illusione e la rassegnazione, il mister aspetta almeno due rinforzi. Poi si schiarisce la voce, e ricomincia il canto.
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