Inter, Spalletti: «Il top player del Pordenone si chiama "motivazione"»

Inter, Spalletti: «Il top player del Pordenone si chiama "motivazione"»
di Redazione Sport
3 Minuti di Lettura
Lunedì 11 Dicembre 2017, 15:23 - Ultimo aggiornamento: 19:27
Ha vinto il Triplete e ha fatto la storia, Josè Mourinho fa parte per se stesso e ogni paragone con lui è improponibile: Luciano Spalletti è un pò seccato da questa comparazione piuttosto ardita tra lui e l'allenatore portoghese, diventato una sorta di santo patrono nerazzurro, una 'presenzà con la quale si sono dovuti misurare tutti gli allenatori dell'Inter che gli sono succeduti. Spalletti considera il parallelismo inverosimile e fuori luogo: lo dice alla vigilia di Coppa Italia. Domani l'Inter affronterà il Pordenone e il tecnico non vuole passi falsi anche se troveranno spazio gli eclissati del campionato: Karamoh, Cancelo, Ranocchia, Dalbert. Appiano è innevata e, subito, Spalletti, più che mai tonico, avverte: fuori dai cancelli dobbiamo mettere il cartello 'Pericolo Pordenonè e non 'pericolo nevè. 'Senzatreguà appunto, come sempre e come contro la Juventus. L'allenatore ha qualche rospo che non riesce a mandare giù: ce l'ha con i gufi, quelli che preconizzavano una sconfitta contro il Chievo e altre disfatte nerazzurre. E ricorre all'arguzia napoletana, citando una massima popolare: «Chi vo 'o male e l'ate 'o sujo areta 'a port» che significa 'chi desidera il male degli altri il suo sta dietro alla portà. «È un gioco - spiega Spalletti parlando del suo post polemico su Instagram - sono pieno di amici tifosi di altre squadre. Mi dicono 'io non ce l'ho con te ma voglio che l'Inter perdà e poi c'è chi ha detto che contro il Chievo non avremmo vinto e ha tentato 'il colpo gobbò. Molti non danno il giusto merito a questi calciatori». A qualcuno le parole di Spalletti hanno ricordato 'il rumore dei nemicì dello Special One ma l'obiettivo non è ricalcare le orme (comunicative) di Mourinho: «Questo accostamento con lui mi mette in imbarazzo, bisogna farla finita.
Mi tocca mettere distanza tra me che sono qui da due giorni e chi ha fatto la storia dell'Inter. A lui non fa né caldo né freddo, sa benissimo che il paragone non sta neppure in piedi. Devo difendere la squadra e la comunicazione deve essere efficace. Sto dalla parte dei miei calciatori e se gli togliete qualcosa 'esco fuorì perché non mi garba». Spalletti aveva criticato l'atteggiamento «senza mordente» dell'Inter a Torino. Ma a tre giorni di distanza, il giudizio è meno aspro: «Abbiamo giocato con un'unica anima ma non è stata una partita perfetta. Non mi ha dato niente di nuovo, è stato come riguardare una foto che avevo già sul cellulare. Ha consolidato le certezze e dimostrato che possiamo migliorare». Passi avanti che vuole vedere da Karamoh, Cancelo, Dalbert, Padelli, Ranocchia ed Eder in campo col Pordenone. Squalificati D'Ambrosio e Miranda, non convocato Joao Mario per una tonsillite. Ma guai a sottovalutare la squadra di Lega Pro che approda a San Siro con l'entusiasmo di chi vive un sogno. «Ho consumato la mia carriera da calciatore in quelle categorie e so cosa smuove una partita del genere. Venendo qui non ci sono cartelli con scritto 'attenzione pericolo nevè ma 'attenzione pericolo Pordenonè. Le coppe nazionali sono zeppe di clamorose eliminazioni, loro si presenteranno qui con un top player fenomenale: Super, di nome, e Motivazione, di cognome». Lo stesso che dovrà avere l'Inter, con un possibile derby all'orizzonte (il 27 dicembre) che arricchisce il piatto ma non deve distrarre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA