Lazio, Inzaghi alla ricerca della squadra

Inzaghi
di Alberto Abbate e Emiliano Bernardini
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Giovedì 22 Settembre 2016, 09:20
Vorrei, ma non voglio. Poteva essere, non è stato e chissà quando sarà. Milano resta tabù, ma purtroppo pure il gioco della Lazio. E, più della prestazione di San Siro, preoccupa l'Inzaghi pensiero, pregno di soddisfazione: «Non abbiamo fatto giocare il Milan». Merito di cui potrebbe vantarsi giustamente una provinciale, non certo una big in lotta coi rossoneri per l'Europa. Non solo: «Per un tempo abbiamo fatto bene». In realtà le luci si spengono sui biancocelesti a San Siro sul colpo di testa di Milinkovic. Black out, la Lazio sparisce e al Diavolo pure il piano di Simoncino. Se col Pescara il tecnico aveva azzardato bene Felipe sulla fascia, a San Siro ci stava pure coprirsi di più con Basta.

 

Rimane invece incomprensibile il bis di Djordjevic con Immobile. Inzaghi dà punti di riferimento alla difesa statica di Montella e aspetta il vantaggio rossonero e oltre per trovare i guizzi di Keita. Ma in assoluto quello che fa più paura per il futuro è che questa Lazio al momento non sappia né di carne né di pesce. E' una creatura amorfa, profuma di minestra e non sazia mai. Simoncino starà pure cercando la sua squadra, ma prima dovrà rendersi conto di non aver ancora trovato nulla. Il tesoro dei 7 punti già non luccica più.

ALLARME
Sveglia, la Lazio non è e non dev'essere questa. Va bene soffermarsi sugli aspetti positivi per non demoralizzarsi, ma guai a farli diventare appigli. Il rischio è quello di rimanere fermi mentre gli altri corrono. Per fortuna almeno c'è lo sprint di Milinkovic: dopo la gara col Chievo, macina altri 12 chilometri e vola. In cielo il serbo vince ogni duello, precisamente sette contro Paletta, Romagnoli e compagni. Per questo, con in campo già un Marcantonio così, va bocciata ancora di più la scelta dello spento Djordjevic in questo 3-5-2: non solo il gol non è più una questione di Filip (due errori clamorosi sotto porta - uno in fuorigioco - nei primi 3'), ma nemmeno la sponda (2 passaggi completati su 5 tentati). C'è chi dice che l'attaccante serbo, dopo il terribile infortunio della scorsa stagione proprio col Milan, non si sia mai ripreso anche a livello psicologico. Ma allora, a maggior ragione, come è possibile preferirlo ancora a Keita? Quanto ancora Inzaghi dovrà far pagare al Balde giovane le monellerie estive? Giusto dare un segnale davanti a tutto il gruppo, anzi la punizione è stata persino sin troppo lieve. Eppure la verità è che la Lazio non può permettersela senza finire lei in castigo.

SCOSSA
Spacca il perdono, Keita, le partite, spacca tutto. Entra al 46' al posto di Djordjevic ed è tutta un'altra storia. Basti guardare i passaggi, il 91,7% completati. Semplicemente perché la tecnica non è un optional. A maggior ragione se ancora non hai trovato un gioco perché l'organo non suona, non puoi permetterti di rinunciare alle singole giocate dei talenti. Keita spara quattro cartucce in porta (quanto Immobile), crea tre occasioni-gol. A tutta la Lazio servirebbe la sua sfacciataggine, altroché. Non tirar fuori la cattiveria (12 falli commessi) solo per arrestare la furia - si fa per dire - del Milan. Perché in realtà poi basta un errore per capitombolare. Ed è un segnale pure che a commetterlo siano de Vrij e Parolo, forse i due più affidabili della rosa. Così Inzaghi di colpo cancella gli elogi che avevano accompagnato le sue scelte di sabato scorso. Riemerge la mancanza d'idee. Anche perché nel centrocampo a cinque privo di Felipe, oltre che di Biglia, non c'è anima pia che possa inventare alcunché. Conseguenza: Immobile non pervenuto, con l'aggravante di non aver segnato di testa a porta libera nell'ultimo secondo di recupero. Adesso Ciro punta l'Empoli, squadra a cui ha segnato tre volte su tre in carriera. Forza quattro, forza Keita in campo. Non sarà facile accettarlo dopo le ruggini estive, ma senza di lui la Lazio va a luci spente. E non solo a San Siro.