Inzaghi è la stella della Lazio, ha costruito con umiltà e bravura un gruppo forte

Inzaghi è la stella della Lazio, ha costruito con umiltà e bravura un gruppo forte
di Emiliano Bernardini
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Lunedì 1 Maggio 2017, 10:05 - Ultimo aggiornamento: 12:39
Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio, ieri Inzaghi li ha fugati tutti. È lui il miglior acquisto in assoluto. Un laziale alla guida della Lazio. Meglio di così non poteva andare. Dal “Loco” Bielsa al Maghetto Simone. Sembrava un disastro, si è rivelata una benedizione. Il tecnico nato a Piacenza, ma diventato romano e soprattutto biancoceleste, ha saputo rovesciare il mondo. Il piccolo uomo di luglio è un gigante che non ha eguali. Nessuno provi a dire il contrario. Si è preso tutto da solo con la cultura del lavoro e grazie ai suoi più fidati collaboratori. A cominciare da Farris, lo stratega della difesa. Sono praticamente una famiglia. E come tale i giocatori sono tutti figli loro. Li coccolano, li rimproverano, li educano, ma cosa ancor più importante li stanno rendendo uomini. E così la Lazio ha messo le ali e ha spiccato il volo. Inzaghi e il suo staff hanno riportato la lazialità. Un ingrediente fondamentale, che da troppo tempo si era perso. Lui, cresciuto nella Lazio più forte di tutti i tempi, è la prima cosa che ha fatto appena e tornato sulla panchina biancoceleste. Non è un caso che a Formello abbia portato ex come Salas, Favalli, Fiore. Li ha fatti parlare con i suoi ragazzi e ha fatto spiegare loro l’importanza di un gruppo. Uniti si vince è lo slogan. Dopo il derby d’andata in campionato, perso per 2-0, Simone ha fatto un balzo doppio in avanti. È come se nella sua mente gli si fosse accesa una luce e con quella ha illuminato il cammino dei suoi giocatori. Non ha sbagliato una sola mossa nelle tre stracittadine successive. Ha cambiato tre formazioni e ha schiantato la Roma. Fuori dalla Coppa Italia e addio sogni scudetto. Ieri poi è riuscito in un autentico capolavoro. Senza Immobile, indubbiamente uno dei giocatori più forti della rosa, ha dovuto ridisegnare la squadra, ma senza stravolgerne la natura. Ecco allora che Milinkovic si è abbassato sulla linea dei 5 a centrocampo e Lulic invece ha fatto l’ago per cucire attacco e mediana. Il resto poi è stato un lavoro sulla testa di Biglia e compagni. Stratosferici nel recuperare palloni e nell’aggredire gli avversari sul campo. 
PAROLE MAGICHE
«Dovevamo fare una grande impresa, ci davano in tanti come sfavoriti, ma abbiamo preparato bene la gara e l’abbiamo interpretata anche meglio. Si era messa in salita per defezioni all’ultima, per rigori netti non dati e quelli dati a sfavore. Siamo stati più forti di tutto e tutti», si è lasciato andare il tecnico biancoceleste in conferenza stampa. Quel rigore poteva essere davvero il colpo del ko, Simone è stato bravo invece ad incassare e trasformare la rabbia del torto in energia positiva. «Abbiamo subito un’ingiustizia, adesso giocando come sappiamo e con il cuore andiamo a vincere», le parole che risuonavano nello spogliatoio a fine primo tempo. «È stato problematico, dal campo avevo subito avuto sensazione che il rigore fosse inventato. Poi sugli schermi ho visto anche il fallo su Lukaku. La rabbia è normale che potesse salire, ma ho calmato i ragazzi». Parole magiche visto che alla fine è arrivato lo strameritato successo. «Non abbiamo mai sofferto, quattro derby uno meglio dell’altro, compreso il primo che abbiamo perso per episodi che capitano raramente», conclude Simone Inzaghi. Qualcuno lo ha già ribattezzato Simeone Inzaghi. Da ieri ufficialmente il peggior incubo della Roma e dei suoi tifosi. Gode il popolo laziale per aver ritrovato un “Messia”. Ora la società dovrà essere brava a blindarlo e seguirlo nelle sue scelte. Tradizione, senso di appartenenza, ma soprattutto la Lazio è e non proviene da. E tutto questo è Simone.
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