​Nello scandalo il campione non sempre gioca d'attacco

Nello scandalo il campione non sempre gioca d'attacco
di Piero Mei
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Martedì 8 Marzo 2016, 10:30
Maria Sharapova ha dato il nome a una caramella, brividi a milioni di spettatori affascinati dal suo tennis e da lei, ha preso e lasciato innamorati famosi: era così attenta ai particolari che faceva firmare ai suoi preparatori atletici maschi un contratto capestro che li obbligava a non “provarci” con lei. La carne è debole, anche per la Sharapova. Tanto debole da aver bisogno di un farmaco, proibito a sua insaputa. Questa dell'insaputa è la solita scusa, la più banale: di solito i pizzicati ne usano di più fantasiose, andando dai prodotti di bellezza (Maria non ne abbisogna) alla dieta a base di carne, perfino al sesso improprio.

GIOCO A RETE
La Sharapova è andata all'attacco, un gioco a rete, serve e volley: prima che si sapesse in giro l'ha detto lei. Ce n'è di quelli che colti con le mani nella marmellata (o nell'epo) parlano in anticipo per evitare speculazioni, come dicono loro. E di quelli che parlano dopo. Alla prima categoria appartiene in qualche modo Alex Schwazer, il marciatore che sta marciando con Rio nel cuore e il tecnico Donati che lo denunciò ai tempi a seguirlo in bicicletta e controllarlo che non sgarri ancora. Parlarono dopo quelli presi alla grande: come Diego Armando Maradona, il quale tecnicamente non si dopava, ma proprio si drogava, essendo stato colto con il pieno di cocaina ai mondiali a stelle e strisce, o Lance Armstrong, il quale, a carriera finita, venne messo sotto inchiesta dall'Fbi, dalla Cia e quant'altro, negò sempre e alla fine scelse una trasmissione televisiva a larghissima audience per ammettere all'anchor woman Oprah Winfrey che la sua vita di campione era stata tutta una truffa. Ci hanno fatto sopra pure un film, legato alla Grande Bugia.

NEL MIRINO
Maria, con la sua uscita pubblica, vuole mettere il laccio alle polemiche: la Russia, si sa, è sotto tiro da parte della Wada, l'agenzia internazionale che controlla il doping nello sport mondiale, e la Sharapova, per quanto russa anomala essendo praticamente giramondo o americana, non vuole essere coinvolta in una faccenda che sta scuotendo dalle fondamenta lo sport in molti Paesi, specie nell'atletica, specie, oltre alla Russia e alla Spagna, in Africa. Ora si attendono ulteriori decisioni da parte della pressata autorità sportiva russa, che comunque in chiave Rio 2016 aveva già provveduto ad escludere la Sharapova dal suo team. Non partecipi alla Federation Cup? Allora non verrai alle Olimpiadi, avevano stabilito i dirigenti sportivi di Mosca. O almeno era questa la versione ufficiale: chissà che non sapessero già della “complicazione australiana” che avrebbe colpito, come ha colpito, la più bella del reame del tennis, e non solo.
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