L’avventura italiana è cominciata a metà degli anni Cinquanta quando è sbarcato nella Roma. Nella Capitale, dove si è infortunato, frattura alla tibia che ha portato alla squalifica prima a vita e poi ridotta a due anni del palermitano Gimona, ha conosciuto Walter Chiari e Carlo Dapporto recitando anche con loro in L’Inafferrabile. Con i giallorossi, Pesaola ha giocato 90 partite e segnato 20 gol.
Dalla Roma al Novara dove ha giocato con Piola quindi al Napoli, acquistato da Achille Lauro per 33 milioni diventando un simbolo con Luis Vinicio, O’ Lione. Pesaola ha inaugurato - era il 6 dicembre del 1959 - lo stadio San Paolo con la grande vittoria per 2-1 sulla Juventus di Boniperti, Sivori e Charles davanti a Umberto e Gianni Agnelli. Nel Napoli, da giocatore e da capitano, El Petisso ha giocato 240 partite segnando 27 gol e chiudendo la sua avventura in campo nel 1960. Pesaola ha giocato anche in nazionale come oriundo.
Dal campo alla panchina. Primi passi a Scafati da allenatore e giocatore, ma presto, molto preso, già a febbraio del ’62, eccolo al capezzale del suo Napoli in difficoltà. Lo salva all’ultimo momento e l’anno dopo vince anche la Coppa Italia. Conquisterà anche la Coppa delle Alpi nel 1966 che è, per il Napoli, il primo trofeo internazionale. Quel giorno il Napoli doveva vincere ed era opposto, in gironi diversi, alla Juventus. Cosa ti inventa El Petisso? Nell’intervallo, ancora sullo 0-0, fa dire allo speaker che la Juve vinceva, ma non era vero. Mica c’era internet, allora. Nello spogliatoio, Pesaola attacca Sivori. «Vuoi che vinca il tuo nemico Heriberto? Bravo!». El Cabezon, allora, si è scatenato: tre assist e tre gol per Bean, Cané e Montefusco.
Quaranta sigarette al giorno, battute in continuo, simpatia ma, soprattutto, genialità. Era, come abbiamo detto, un napoletano nato all’estero con quel suo cappotto di cammello che non lo abbandonava mai. Era il suo portafortuna.
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