La nazionale di calcio siriana a un passo dalle qualificazione a Russia 2018

I giocatori siriani esultano dopo un gol (USA Today)
di Giulia Aubry
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Martedì 6 Ottobre 2015, 16:56 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 19:02
Quando erano un paese in pace non sono mai riusciti a qualificarsi alla fase finale della Coppa del Mondo. Invece oggi, a distanza di quattro anni dall’inizio di una delle guerre civili più sanguinose e violente di sempre – la nazionale di calcio siriana non è mai stata tanto vicina a ottenere questo risultato.

Mercoledì la Siria giocherà il turno di qualificazione contro il Giappone, la squadra più forte e di maggiore esperienza del girone Asiatico. Se dovessero vincere la strada verso Russia 2018 sarebbe quasi in discesa visto che, in seguito, si troverebbero ad affrontare team già sconfitti come Afghanistan, Cambogia e Singapore.

Un traguardo ancora molto difficile da raggiungere ma che premierebbe una compagine che ha visto i propri giocatori fuggire all’estero per sfuggire alla guerra tra le forze governative di Assad, i gruppi rebelli e lo Stato Islamico. Un team che, nelle parole del capitano Absulrazak Al Husein in un’intervista di qualche giorno fa al the Guardian, rappresenta l’unità del paese. Nonostante tutto. “Giochiamo per una suqadra, per un paese. Non importa se tu sia cristiano o musulmano e da qualsiasi confessione islamica tu provenga. Noi siamo una famiglia”, ha dichiarato il giocatore siriano.

Potrebbe sembrare una bella favola. Ma non tutti sono d’accordo. Secondo alcuni studiosi del Medio Oriente e delle sue realtà calcistiche, spesso indissolubilmente legate ai governi presenti nell’area, la squadra è controllata direttamente da Bashar Assad ed è espressione di una precisa volontà politica. In un’intervista rilasciata a USA Today James Dorsey, curatore del blog The Turbulent World of Middle Eastern Soccer (Il mondo turbolento del calcio mediorientale n.d.a.), ha dichiarato che la nazionale siriana di calcio va considerata “una squadra di regime”. Come a suo tempo fu la nazionale irachena, posta da Saddam Hussein sotto il controllo di suo figlio Uday.

A ulteriore prova di ciò, in Libano alcuni calciatori siriani fuggiti dalla guerra civile hanno fondato il “Free Syria National Team” (la nazionale della Siria Libera), il cui scopo è proprio quello di sostituire la squadra attualmente impegnata nelle qualificazioni mondiali.
Anche i siriani sparsi nel mondo, soprattutto i profughi che affollano la rotta balcanica in queste ultime settimane, stanno vivendo una specie di dilemma. Seppure alle prese con difficoltà più gravi, il tifo per la propria squadra di calcio rappresenta sempre un’importante legame con il proprio paese. Da una parte la nazionale che può arrivare alla fase finale dei mondiali rappresenta il sogno di una vita. Dall’altra un team che è espressione del governo, soprattutto per coloro che non hanno mai supportato Assad, sembra una contraddizione se non una vera e propria violenza.

Nonostante ciò il fascino della nazionale siriana che, proprio in un momento tanto difficile, rischia di qualificarsi per la fase finale dei mondiali di calcio rimane. La partita di mercoledì verrà giocata “in casa” che, per un paese distrutto dalla guerra civile, vuol dire in Oman. Se gli undici giocatori in maglia rossa riusciranno a ripetere i risultati ottenuti sino ad ora – una striscia di tre vittorie consecutive a reti inviolate che la pone in testa al suo girone davanti anche al Giappone – la Russia sarebbe davvero più vicina. La Russia di Vladimir Putin. Proprio l’uomo che, ironia della sorte, con i suoi raid aerei sta apertamente appoggiando Bashar Assad.