I tifosi britannici, sportivamente cólti, contestano per vie democratiche ma non pensano neppure alla lontana di abbandonare la nave. E la tendenza brilla sotto la luce delle cifre. L’Emirates Stadium, ad esempio, ha accolto 60.012 supporter il pomeriggio di Arsenal-Burnley, ovvero dell’ultima sfida casalinga dei Gunners. E la gara dell’8 novembre fra lo United e il Crystal Palace l’hanno seguita all’Old Trafford niente meno che 75.325 appassionati. Per intendersi, in entrambi i casi, le percentuali di riempimento degli stadi hanno toccato la quota del 99,5%: soltanto poche decine di seggiolini, dunque, sono rimaste libere. Impietoso un confronto con l’Italia.
Domani (ore 18.30, Fox Sports), si diceva, il duello dell’Emirates avrà un passo misurato. E la curiosità di mostrare due squadre rinate a un mondo nuovo, avvolto nel velo della transizione. Perché l’Arsenal e lo United hanno concluso da pochi anni cicli dorati, specie i Red Devils, e ancora non hanno indovinato la chiave capace di aprire la porta del futuro. Sul prato di Londra, l’infaticabile Rooney, Di Maria, il rientrante Giroud, i reciproci ex, van Persie e Welbeck, e tante stelle lotteranno senza requie al di là delle ambizioni legate alla graduatoria. Il Chelsea di Mourinho, capolista, riceverà invece il West Bromwich, continuando così a giocare un torneo distinto, e distante. Wenger e van Gaal, gli allenatori dei londinesi e dei Red Devils, baderanno però solo alla tattica: superare gli ostacoli e inventare calcio, questo è il loro mestiere.