"Sofia ha un disperato bisogno di amici", la lettera di mamma Benedetta

"Sofia ha un disperato bisogno di amici", la lettera di mamma Benedetta
di Benedetta Pasero
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Venerdì 3 Ottobre 2014, 19:03 - Ultimo aggiornamento: 4 Ottobre, 21:47
E’ difficile immaginare una persona sana che perde, all’improvviso, la capacit di camminare, di stare seduta da sola, di parlare, di usare le mani. Provateci: immaginate che una notte, di colpo, le vostre mani non vi rispondano più, che non riusciate più a prendere nulla, che non possiate più indicare né portarvi acqua o cibo alla bocca. E che poi proviate a chiedere aiuto, a dire qualcosa, ma che non riusciate più a pronunciare una sola parola. Non importa quanto siate frustrati, arrabbiati o impauriti: non potete più parlare, né sussurrare, né spiegare. Nulla di nulla. Potete solo gridare.





Immaginate di non poter più controllare il vostro respiro, che a tratti si blocca fino a farvi svenire, né il vostro corpo, che viene scosso da tremori e convulsioni, né la vostra bocca, che smette di masticare e di deglutire. Può esserci qualcosa di più terribile? Purtroppo sì: immaginate che tutto questo capiti, all’improvviso, ad un bambino. Anzi, ad una bambina. E che non esista una cura. Sembra il peggiore degli incubi, e lo è: si chiama Sindrome di Rett ed è quello che stanno vivendo centinaia di migliaia di bambine, ragazze e donne in tutto il mondo. E le loro famiglie con loro.



Ma immaginate che poi, proprio quando sembra non esserci più alcuna speranza, qualcuno capisca come curarle. Immaginate che per centinaia di migliaia di mamme, papà, fratelli, sorelle, zii e nonni l’incubo si tramuti nel più bello dei sogni. Ma che per riuscirci, per curarle, questi ricercatori abbiano bisogno di lavorarci ancora un po’ su, perché un conto è capire come farlo in laboratorio, un altro è riuscire a modificare il DNA di una bambina vera in assoluta sicurezza. E, infine, immaginate che un altro ricercatore, mentre cerca la cura per un’altra malattia, si imbatta più o meno per caso in qualcosa che potrebbe, probabilmente, curare parzialmente o completamente anche le bambine Rett. Ma che i pochi fondi che ha a disposizione non gli permettano nemmeno di provarci.



“Ricerca", che curerebbe una delle peggiori malattie esistenti, la prima causa di disabilità femminile. “Ricerca”, che permetterebbe a centinaia di migliaia di bambine, ragazze e donne di tutto il mondo di buttare via antiepilettici, calmanti, sonniferi, farmaci per il cuore, per il reflusso, per le ossa, per la stipsi … Ma anche sedie a rotelle, tutori, statiche, tubi per l’alimentazione, sollevatori, ausili da bagno. E in più, sarebbe tutto merito di un team italiano. Ma ora chiedetevi: chi ha interesse a finanziare questa ricerca? La risposta, purtroppo, è una: solo le madri, i padri, le sorelle, i fratelli, i nonni, gli zii...E gli amici.

Sofia, adesso, ha un disperato bisogno di amici!



Lo sappiamo, gli appelli per le cause più disparate sono all’ordine del giorno: bisogna curare malattie mortali, sfamare i poveri del mondo, accogliere chi fugge dalla guerra, aiutare gli orfani, dare una casa ai randagi, salvare le foreste, l’Artide, l’Antartide, chiudere il buco nell’ozono. Ecco perché trecentomila bambine, ragazze e donne nel mondo vivono ancora quest’incubo: perché ci sono sempre battaglie più “importanti” della loro da combattere, perché non sono poi così tante, perché occuparsi di loro non conviene. Anche se la cura è quasi a portata di mano. Anche se in pochissimi anni, la loro storia e il loro destino potrebbero essere completamente riscritti. Se si trattasse di vostra figlia, voi vi arrendereste?