IL GRUPPO
Poi c'è la squadra. O meglio c'è un insieme di giocatori. Perché parlare di squadra è difficile. Giocatori anche importanti, alcuni di spessore internazionale, altri il cui valore ancora non è ben definito, di sicuro assai promettenti, ma evidentemente assemblati nel peggior modo possibile, o comunque penalizzati dal vestire una maglia sempre più pesante da portare e dal vivere in un ambiente che trasforma ogni partita in uno psicodramma. Non ha funzionato neppure l'idea di prendere un allenatore normale, serio ma non molto quotato, per cercare appunto di normalizzare la situazione. Pioli era sembrato partire benino, pur non modificando molto sistema di gioco e formazioni rispetto al vituperato De Boer, ma progressivamente si è adeguato al karma negativo, fino a precipitare a sua volta nel caos. Due punti nelle ultime cinque partite, un tracollo inaudito. L'illusione di recuperare la zona Champions mai nemmeno accarezzata: il terzo posto era lontano 8 punti quando Pioli è arrivato, oggi sono 15 i punti di distacco dal Napoli. La speranza di rientrare almeno in Europa League è tenuta viva soltanto dall'incredibile scivolone del Milan contro l'Empoli.
GUIDA SBAGLIATA
Neanche Pioli, come i suoi predecessori, ha saputo trovare ruolo e continuità ai centrocampisti di maggiore talento: Brozovic, Joao Mario, Banega, tutti pilastri delle rispettive nazionali. Tantomeno è riuscito ad aggiustare la difesa: 13 i gol subiti nelle ultime cinque uscite, cioè 2,6 a partita. D'altra parte è difficile lavorare senza una società strutturata alle spalle. La proprietà, pure economicamente molto solida, la più solida fra le proprietà straniere in Italia, è rappresentata a Milano dal figlio del patron, che sembra impegnato in una sorta di programma Erasmus. Il presidente Thohir è latitante. Zanetti è una faccia pulita, non un dirigente. Il management opera nell'ombra. Se non cambiano le cose, neppure Conte potrebbe fare miracoli, sempre che esca vincente dal prossimo casting.