TRAVASO NECESSARIO
Di Francesco, prima ancora di decidere di passare attraverso la rotazione extralarge delle ultime partite, si è augurato di poter sempre allenare 22 giocatori. Due per ruolo. E chi resta fuori non l’ha mai chiamato riserva. Perché lui, per il sacrificio e la disponibilità che chiede ai singoli, non si può permettere di dividere la rosa in buoni e cattivi, in campioni e panchinari. E non si è smentito, dando un senso al suo discorso d’insediamento: ha già utilizzato 21 giocatori (compreso Tumminello che ieri si è infortunato gravemente con la maglia del Crotone). Solo Alisson (l’unico che non ha perso nemmeno un minuto), Kolarov e Dzeko sono sempre partiti dall’inizio. La giostra non si è mai fermata per gli altri, soprattutto dopo le prime 3 partite stagionali. Il turnover è scattato quando è diventato obbligatorio per gli impegni ravvicinati. Mirato a quelli. Tra la prima partita, contro l’Atalanta a Bergamo, e la seconda, contro l’Inter all’Olimpico, appena un cambio. Senza la gara infrasettimanale, è intervenuto solo perché si è fatto male Peres. Lo stesso, dopo la sosta per le nazionali, contro l’Atletico: stessa formazione schierata contro l’Atalanta. Sempre un cambio. Ne avrebbe fatti di più tre giorni prima, a Marassi contro la Sampdoria, se la partita non fosse stata rinviata. Si è invece scatenato subito dopo la gara di Champions: raffica di novità contro il Verona, il Benevento e l’Udinese.
PERCORSO DISPENDIOSO
Cinque innesti per non perdere il ritmo, fondamentale per il suo gioco che vive di pressing e velocità. «Ora mi diverto anch’io a vedere la Roma. E con me si divertono anche i giocatori. Prima c’era voglia di tenere il pallone staticamente e gli altri ci mangiavano, ora c’è il desiderio di muoverla per arrivare in ampiezza e attaccare. E’ quello che voglio. Un calcio verticale ma non significa andare all’altra parte con 40 metri di lancio, ma appunto muovere il pallone, con la qualità degli interpreti e con la condizione di tanti che sta migliorando». Eusebio è fiero di come la squadra lo segue. E di come gli appare. Aspettando Karsdorp e Schick, l’ha rivalutata, e Peres è il testimonial, nei ruoli (chiave) ancora scoperti. Senza piangersi addosso. Anzi, spesso con il sorriso
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