Roma, Di Francesco: «Durante il mercato un calciatore può non essere indicato per giocare»

Roma, Di Francesco: «Durante il mercato un calciatore può non essere indicato per giocare»
di Gianluca Lengua
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 03:22
Eusebio Di Francesco a ruota libera davanti a cinquanta giornalisti sportivi al convegno “Il calcio e chi lo racconta” organizzato USSI e Figc al centro di Preparazione olimpica “Giulio Onesti” dell’Acqua Acetosa. Il tecnico della Roma ha raccontato la sua idea di calcio, le sue esperienze, la sua crescita professionale al Sassuolo e l’approdo nella Roma, il rapporto con la città e i calciatori a Trigoria. Insomma, un Di Francesco a 360 gradi rilassato nonostante il momento delicato che sta vivendo la squadra da quasi un mese e mezzo: «L’ambiente di Roma è differente da Sassuolo, ma le aspettative ci sono anche lì. Qui ho una società a cui dare conto, ma anche a Reggio Emilia c’era Squinzi a cui dover rendere conto. Il mio lavoro a Roma è più stressante, ma le responsabilità sono le stesse». A differenza di Sassuolo, però, le pressioni della Capitale sono più schiaccianti, specialmente nel periodo di mercato, in cui i giocatori potrebbero accusarle psicologicamente: «Può capitare in quel momento che un calciatore non sia indicato per scendere in campo e va supportato ancora di più. Qualche esempio si può fare anche di calciatori attuali, ma ci sono troppi giornalisti e non posso farlo (ride ndc). I giocatori in questa situazione vanno supportati perché magari li vedi in difficoltà». 

«CORAGGIO, NON PAURA»
Il momento non è dei migliori, la Roma è chiamata a reagire a Milano e, successivamente, nel doppio scontro con la Sampdoria per recuperare punti in classifica e tornare in zona Champions: «In questo momento ci vuole coraggio non paura, a Roma certe cose bisogna affrontarle. Un’idea valida nel calcio non esiste. Io non posso allenare la Roma come faceva Spalletti o Garcia, io alleno come ragiona Di Francesco. Apprezzo gli allenatori che hanno un’idea e un’identità». Un modo di giocare da sviluppare, però, in una piazza complessa come quella di Roma: «Devi entrare nella testa dei calciatori. Io non faccio compromessi, esiste la capacità di farsi conoscere e saper trasmettere le proprie idee, ma se i giocatori non recepiscono peggio per loro. Restano fuori. Non si può scendere a compromessi perché perdi la tua forza all’interno del gruppo. Sacchi che è stato un fenomeno ha sempre parlato di orchestra dove nessuno deve andare per conto suo». 

LA FORZA DEL 4-3-3
Prima è stato definito zemaniano, poi integralista, ma Eusebio ha dimostrato che il suo sistema di gioco può battere colossi come il Chelsea: «Il mio 4-3-3 prima era il massimo che si poteva avere dal calcio ora invece è criticato. Fa parte del gioco. Se io mi metto 4-2-3-1 non cambia la mia filosofia, i numeri lasciano il tempo che trovano. La mia squadra difende 4-5-1 e quando attacca magari si mette 4-1-5 o 4-6. Nel mio lavoro c’è anche la gestione, devo capire i momenti e il contesto della squadra. In certi momenti devi lavorare solo sulla testa dei calciatori. Quello che stiamo vivendo è un periodo dove tu lavori tatticamente, ma il cambiamento deve essere nella testa. Alleniamo grandi giocatori, ma con una grande fragilità psicologica». 

VECCHI RICORDI
Di acqua sotto i ponti ne è passata da quando Di Francesco scendeva in campo con gli scarpini ai piedi: sono cambiati gli interpreti, le tecniche di allenamento e i sistemi di gioco. Oggi Eusebio siede in panchina e si è adattato al nuovo calcio: «Di mediani ce ne sono pochi, nella Roma c’era Pizarro che aveva i tempi di giocata e sapeva uscire dalla pressione. Per giocare il 4-3-3 devi avere un giocatore che ti dà anche equilibrio. Nel calcio moderno per essere grandi ad alti livelli ci vuole fisicità. Io avevo Totti che partiva da sinistra ed è diventato il giocatore più forte che ha avuto la Roma. Se a Totti gli dici corri sulla fascia lo uccidi perché ti dà meno possibilità di fare un assist e di creare. Il trequartista? Io ce l’ho, perché i miei esterni devono venire a giocare dentro e diventano trequartista di destra e trequartista di sinistra». In chiusura un focus sulla sua Roma: «Ho giocatori con una buona struttura che marcano sia a zona che ad uomo. Io con la Roma l’ho fatta la marcatura a zona, ma non ho avuto tempo per provarla. Poi l’ho rifatta ma non so se la rifarò. Non voglio dare troppi vantaggi a Spalletti. Nainggolan l’anno scorso tirava e metteva la palla sotto l’incrocio, quest’anno non ce la fa. Se mi arriva un calciatore che non ha il calcio da fuori e gli dico di provarci gli faccio del male. Ad esempio se a Gonalons gli dico di calciare da fuori lo ammazzo, Nainggolan invece il calcio da fuori ce l’ha e noi lo alleniamo». 
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