Roma, Di Francesco sfiducia i senatori

Di Francesco
di Ugo Trani
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Venerdì 23 Febbraio 2018, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 16:41
 Adesso Di Francesco deve intervenire con i fatti. Le parole, anche quelle dette a caldo nella pancia del Metalist stadion, non bastano più.
 


Perché la stagione della Roma è nella fase cruciale e ogni errore ormai rischia di diventare fatale. I 2 big match di fila in campionato, contro il Milan, domenica sera all’Olimpico, e contro il Napoli, sabato 3 marzo al San Paolo (senza tifosi giallorossi), e il ritorno degli ottavi di Champions, contro lo Shakhtar Donetsk, il prossimo 13 marzo in casa, diventano fondamentali per il futuro del club. Non c’è da indicare i responsabili della ripresa non giocata (come ha ammesso lo stesso De Rossi) nel gelo di Kharkiv, ma da capire che è in grado di dare il suo contributo al gruppo in un periodo in cui ogni errore ormai rischia di diventare fatale. Fisicamente e psicologicamente, qualche calciatore non sembra presentabile. E, pure se la rosa non è extralarge, tocca all’allenatore scegliere su chi puntare.

A MUSO DURO
Di Francesco ha chiamato in causa i big per il calo della Roma nel secondo tempo. Non gli è piaciuta l’interpretazione, soprattutto quella dei senatori, scelta dopo il gol del vantaggio di Under. «Non ho capito perché ci siamo messi a gestire il risultato». Lo ha detto in pubblico e lo ha ripetuto a Trigoria ai diretti interessati. Si è arrabbiato a Kharkiv e ha concesso il bis appena tornato nella Capitale. Ha chiesto spiegazioni sull’atteggiamento della squadra subito dopo l’intervallo. Fiacco e timido. Ne ha discusso già in Ucraina, confrontandosi di notte con i dirigenti e con qualche calciatore nel ritiro alla periferia della città. E ha approfondito la questione prima dell’allenamento. Il riferimento ai giocatori più rappresentativi è stato inequivocabile. «Errori sono stati commessi anche da chi ha più esperienza e da chi deve prendersi più responsabilità». La lista di chi l’ha deluso: Kolarov, De Rossi, Nainggolan e Dzeko più di altri. «Quanto è successo nella ripresa è inammissibile». Infuriato, dunque, per il comportamento che improvvisamente è diventato rinunciatario. Accadde a San Siro, un mese fa, contro l’Inter. Anche a Milano, come a Kiev, la squadra si è abbassata, non riuscendo più a far girare il pallone. Senza motivo. O forse sì. C’è un concetto che proprio il tecnico dovrà approfondire nei prossimi giorni, dopo aver valutato i dati che hanno accompagnato la prestazione contro lo Shakhtar. «Dovremo individuare se è stato un problema fisico o no». De Rossi, ad esempio, non è sicuramente al top: la sua tenuta è parziale. Anche Kolarov, con Silva vicino solo alla prima convocazione, sembra stanco perché non c’è il ricambio a sinistra. Nainggolan, poi, non è quello dell’anno scorso. La sua flessione non dipende certo dal ruolo: da trequartista non ha certo preso il volo. La crisi di Dzeko, e non solo perché protagonista suo malgrado della trattativa con il Chelsea, è certificata dai numeri: ultimamente fatica anche a calciare in porta. Ma è probabile che il vero flop, mercoledì sera, sia stato caratteriale. Preso il gol di Ferreyra, ecco il black out inspiegabile. O magari lo è: qualche interprete è stato sopravvalutato.

TURNOVER OBBLIGATO
Di Francesco non scaricherà i suoi big. Ma, dopo l’8° ko stagionale, al tempo stesso non guarderà in faccia nessuno. Così, domenica contro il Milan, l’ennesima rotazione: De Rossi lascerà il posto a Pellegrini, così come può uscire Dzeko, con Defrel (o, volendo, pure Schick) pronto a sostituirlo. In bilico anche Nainggolan. Cambiare, però, 2 centrocampisti su 3 potrebbe essere un azzardo. «Il sistema di gioco non c’entra con il nostro comportamento» ha chiarito l’allenatore. Che ha ritrovato almeno Peres, euforico su Instagram e sorridente in foto accanto ad Alisson: «Dove non arriva il mostro, ci sono io!». Florenzi è avvisato.
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