​Roma, mister Golarov fascia da duro

Roma, mister Golarov fascia da duro
di Alessandro Angeloni
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Martedì 24 Ottobre 2017, 07:30
Tutto è cominciato da quelle braccia allargate verso il settore dei tifosi della Roma. Larghe come un abbraccio. Bergamo, 20 agosto, stadio Azzurri d’Italia, esordio ufficiale con la maglia della Roma: Aleksandar Kolarov segna e corre verso i tifosi. Da solo. Allarga le braccia, come a dire: eccomi, sono io, quello che qui, qualcuno, non voleva, ricominciamo? Qualcuno ha storto un po’ il naso, perché un laziale nella Roma stona, poi pian piano ha metabolizzato il messaggio. Del resto a Kolarov, di laziale, è rimasto davvero poco, perché ha passato tanti anni a Manchester, sette, e in Premier ha assaporato un calcio che poco ha a che fare con questi campanilismi. Roma è stata la sua possibilità matura, da cogliere al volo. Certo, anche lui sapeva che qualcosa poteva andare storto ed ecco qualche fischio (proprio a Bergamo), qualche scritta poco simpatica, ma alla fine ha vinto il professionismo, la sua forza. E anche quella faccia da “chi se ne frega” su cui far rimbalzare certi strani umori. Quella braccia larghe, quel ricominciamo, quell’abbraccio, sono stati un nuovo inizio: 12 partite giocate fino a questo momento, 3 gol realizzati (tutti decisivi, Bergamo, Londra e Torino) e 4 assist (solo contro l’Udinese gli sono stati risparmiati gli ultimi 17 minuti, solo Alisson ha giocato più di lui). Parliamo di un terzino, costato alla Roma appena cinque milioni. Obiezione: Kolarov è arrivato a 32 anni, se ne avesse avuti 26 non sarebbe costato quella cifra. Chiaro, scontato. Ma la lungimiranza di capire che, anche a quell’età, Aleksandar avrebbe tenuto un rendimento alto, va sottolineata. Cartellino e stipendio sono stati pagati con la cessione di Mario Rui, girato al Napoli. Tanto per fare due conti approssimativi. Ecco, diciamo che Kolarov in poco tempo è riuscito a non far rimpiangere Mario Rui, che a Roma ha vissuto un’annata sfortunata e parecchio anonima per colpa dell’infortunio in piena fase di preparazione. A proposito di terzini: finalmente la Roma, appunto a basso costo, ha un calciatore di altissimo livello sulla fascia sinistra. 

ESTERNI SENZA PACE
Roba da tornare indietro nel tempo, ai livelli di Vincent Candela, di Sebino Nela o nell’èra moderna Max Tonetto. Partendo dal 2011 si sono alternati in quel ruolo anche discreti calciatori ma senza mai trovare pace, perché per un motivo o per un altro, quella fascia è sempre rimasta più o meno scoperta. Spalletti aveva trovato un esterno vero, ma un infortunio l’ha momentaneamente portato via e si tratta di Emerson. Che è bravo, giovane e per questo non (ancora) al livello di Aleksandar. Poi, Walter Sabatini (proprio lui lo portò a Lotito) ha cercato anche soluzioni esotiche, ricordiamole in ordine sparso: José Angel, Dodò, Balzaretti, Digne, Bastos, Holebas, Emanuelson. Tra questi, investimenti veri sono stati fatti per Dodò e Balzaretti, quest’ultimo ritiratosi dal calcio per un problema muscolare serio, mentre il primo mai esploso come ci si aspettava e come ci avevano detto. Il resto sono state soluzioni approssimative, tipo Digne, esterno capace, ma non di proprietà della Roma e infatti ora gioca nel Barcellona, via Psg. 

CATTIVISSIMO TE
Aleksandar è entrato subito a pieni uniti nello spogliatoio dei giallorossi. Perché lui, come qualche tempo fa succedeva a Maicon, emana personalità. Il brasiliano giocava con la faccia, Aleksandar gioca anche con le gambe, con quella finta che tutti conoscono ma che alla fine riesce sempre. Perché, stando ai racconti di Di Francesco, si allena con la serietà e la determinazione di un esordiente. E’ amico di De Rossi, di Dzeko, con loro è tra i più ascoltati dal gruppo. Fisicamente indistruttibile, gli tocca fare gli straordinari perché alle sue spalle ora non ha ancora alternative. Per questo domani sera contro il Crotone, Di Francesco gli darà ancora una volta una maglia da titolare. Avrà tempo per riposarsi. Del resto, mica è venuto a Roma in vacanza. Qui vuole vincere, gli interessa poco anche dei gol. «Alla mia età ci faccio poco caso, vorrei ottenere qualche successo con la squadra», ha dichiarato domenica al termine della partita vinta a Torino. Alla sua età, 32 anni a novembre. Non pochi, ma a volte sono quelli che bastano per sentirsi un ragazzino. Dalla faccia imbruttita. Che mette un po’ paura, diciamolo. 
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