Roma, Momo, i nemici e le galline: un anno di Lucio e ombre

Roma, Momo, i nemici e le galline: un anno di Lucio e ombre
di Alessandro Angeloni
3 Minuti di Lettura
Martedì 10 Gennaio 2017, 14:44 - Ultimo aggiornamento: 14:58

ROMA «E voi che mi prendevate per il c... sui comportamenti», la frase accompagna un video: Salah che rincorre un avversario per 50 metri e poi si ripropone in fase offensiva. Le immagini vengono mostrate da Spalletti alla platea in una delle sue prime conferenze stampa. Eravamo a febbraio, appena un mese del Lucio bis. I primi applausi: ma che bella conferenza stampa, ma che parole, che esempi etc etc. E poi quando disse «creiamo uno stile Roma», per poi ammettere che «questo è l'ambiente ideale per lavorare»? Consensi su consensi. Spalletti number one. Sereno, rilassato, propositivo. A casa sua. In questo anno di Roma Lucio ha mostrato varie facce, non solo quella. La faccia ingrugnata di chi si sente circondato da nemici magari riscuote meno consensi. Perché se si vuole combatte una guerra c'è bisogno dei nemici e nella Capitale ne ha davvero pochi. Ma pian piano, Lucio li ha visti e nelle conferenze stampa si è passati dai video romantici, alle liti con il mondo o le sfide contro i mulini a vento. Alla Mourinho. Avere un nemico fa bene al calcio. Se poi i nemici sono i giornalisti, come dice Spalletti, ai quali «va male quando la Roma vince, buttano tutto all'aria», non ci siamo, ma i consensi popolari sono scontanti, quasi come un gol a porta vuota.
UN PO' D'ORDINE
Eccoli i nemici. «Ce ne sono tre o quattro che fanno il loro lavoro giocando contro, perché gli fa piacere tritare la Roma», ancora Lucio è andato dicendo, facendo non i nomi ma numeri: 3 o 4. Forse. Tant'è che, per certe parole (e anche ieri) è intervenuto l' Ordine dei giornalisti che, parlando di «comportamento fuori luogo», ha chiesto all'Assocalciatori di vigilare. A fronte di 3-4 che triterebbero la Roma, ce ne saranno altri 30 che fanno bene il loro lavoro sia in fase offensiva (elogi) sia in fase difensiva (critiche). La buona fede dei più, in tal caso, andrebbe comunque salvata, rispettata. Spalletti è questo, di tutto un po': prendere o lasciare, è quello che quando parla di pallone ti sa incantare. è quello che quando si butta a terra dopo un'ultima occasione vittoria fallita (Cagliari) ti strappa un sorriso pirandelliano, è quello delle «Galline di' Cioni», delle «menti malate» (Torino, riferito ai sui giocatori), è quello che ha mostrato di essere anche dal 2005 al 2009 nella sua prima èra romanista. E' così. Un anno di Spalletti, una anno di tanti punti, di belle vittorie, di un paio di sconfitte dannose e un bel calcio con varie intuizioni tattiche. Un anno di scommesse vinte (Emerson, Szczesny, ad esempio) e di contrasti pesanti (Totti, con relativa cacciata dal ritiro) finiti con il coinvolgimento di Ilary Blasi, che gli dato del piccolo uomo. Lui ha risposto con ironia, regalandogli virtualmente l'omonimo disco. Ironia, ironia. Tutti noi ne avremmo bisogno. In abbondanza. Altro che nemici o presunti tali.