Roma, Sabatini: «Volevo una rivoluzione culturale: ho fallito. A Totti darei il Nobel per la fisica ma la sua luce ancora abbagliante oscura gli altri»

Foto Mancini
di Gianluca Lengua
7 Minuti di Lettura
Venerdì 7 Ottobre 2016, 12:44 - Ultimo aggiornamento: 17:11
Dopo cinque anni alla Roma, il direttore sportivo Walter Sabatini ha rescisso consensualmente con il club il contratto che lo legava alla società. Questa la conferenza stampa, durata più di un'ora, del dirigente per il suo addio

Il perché dell’addio: «Sono cambiate le regole di ingaggio, il presidente e i suoi collaboratori legittimamente puntano su altre prerogative. Adorano la statistica e stanno cercando un algoritmo vincente. Io non vedo il pallone come un oggetto sferoidale fatto con un certo materiale e con quanti impatti balistici può avere l’impatto. Io vedo un universo intero, per me la palla è qualcos’altro. Il mio calcio non può essere portato alle statistiche, le statistiche aiutano ma tradiscono. Anche io a volte mi confondo e poi prendo Piris, non era un giocatore da Roma. Devo dire che con molta fortuna l’avere supera prevalentemente il dare. Io sono un uomo leale che non può fare il massimo in questa situazione, mi è successo un episodio che è stata la causa scatenante di questa mia scelta. Riguarda un giocatore che sta facendo molto bene che ho perso perché mi è mancata l’arroganza la forza e la sicurezza di fare quella operazione e sentendo alle mie spalle tutta una serie di recriminazione, ho perso l’attimo fuggente. Perso questo giocatore ho capito che io non merito più la Roma. Dopo questo episodio ho capito che non devo più essere io il direttore sportivo della Roma. Io adesso mi cercherò una tana dove rinchiudermi, voglio un pertugio dove nascondermi e stare zitto e non ascoltare».
 
Rinnovi.:«Non credo che per Nainggolan si faccia un adeguamento ma un premio rispetto alla qualità delle prestazioni che fornirà. I calciatori si devono rendere conto che abbiamo iniziato la stagione con presupposti che si sono abortiti con la mancata qualificazione alla Champions. Ci sono delle conseguenze inevitabile perché le situazione di mercato ci costringono a farlo. La priorità assoluta è che la squadra si metta in testa che può fare cose importanti».

La continuità: «La Roma è stata competitiva, noi non abbiamo vito ma siamo stati una squadra che da tanto fastidio a chiunque. Abbiamo avuto la sventura di aver fatto un campionato da 85 punti in cui la Juve ha prodotto un calcio e risultati irripetibili. A 90 punti si vincono tre campionati su cinque e non credo di aver prodotto mai danni facendo questo tipo di mercato, certo non si è coagulata la continuità ma abbiamo dovuto farlo per essere competitivi. Ho fatto qualche pateracchio, qualcosa che non ha funzionato».
 
Pallotta: «Lui sa perfettamente che cosa è la Roma, se ne rendo conto quando viene qui e sa che pressione e passione nella città. Lui è un bostoniano allegro e propositivo, incline allo studio della statistica e alla frequentazione di meeting. Io sono un europeo crepuscolare solitario, forse no un europeo ma un etrusco. Lui vive e pensa al calcio e alle sue evidenze, io in maniera diversa. Da qui nascono i conflitti ma c’è stato un buon rapporto si è sempre fidato del mio operato. Milan e Inter vorrebbero essere la Roma, siamo incappati in un ciclo incredibile della Juventus, ma soprattutto con le scelte di Paratici e Marotta».

Il futuro: «Non ho nessuna offerta, non ho ricevuto telefonate e sono da oggi pomeriggio un disoccupato. Io voglio lavorare, auspico che qualcuno mi cercherà non guardo alle grandi società. Un bel panino con la mortadella vale quanto un pasto con il caviale. Qualcuno mi raccatterà, altrimenti mi ritiro in una tana ipotetica e mi metto li con due pennelli e riuscirò ad ingannare il tempo».

Commissioni. «Le commissioni le ha prese chi doveva prenderle, la Roma è una società onesta. Questi individui venissero con me in tribunale. Io oggi non sono direttore sportivo della Roma giocatevi i soldi in tribunale».
 
Il fallimento: «Il vero fallimento non è nei risultati sportivi o dei calciatori, ho reso la Roma un’insidia per tutti a qualsiasi latitudine. La Roma è sempre stata presente ed ha sempre combattuto, ho fatto un mercato rissaiolo. In tema di rivoluzione culturale che è una cosa magniloquente, importante, che presuppone qualcosa di articolato, in realtà si riferiva ad un’esigenza, cioè pensare ad una vittoria non come una possibilità ma come necessità. Sono deluso, qui si perde e si vince alla stessa maniera e questa è la nostra più grande debolezza».
 
I ricordi: «Quando ho messo i piedi qui dentro, ero motivato ed ottimista. Pensavo di far qualcosa di importante, dopo pensavo che la Roma si imponesse come azienda, squadra e gruppo di persone. È stato un momento pregnante della mia vita. Ricordo le vittorie, quella derby di 2 a 1 quando il vituperato Ibarbo che qualcuno ha definito un’operazione alimentare. Quel povero discriminato di Ibarbo ha fatto una percussione nel derby che ha consentito al vituperato Iturbe di segnare e portarci in Champions. È una vittoria che porto con me con grande aspetto. Ricordo di Bradley a Udine. Ci sono anche brutti ricordi, come la sconfitta nel derby nella Coppa Italia ma è stata la catarsi della rigenerazione, abbiamo cambiato indirizzo e lo abbiamo fatto con successo. L’idea di non aver vinto lo scudetto mi perseguita e mi terrà compagnia per tutta la vita a meno che non riesca a farlo in questa stagione facendo qualcosa di imprevedibile».
 
 Totti: «La questione Totti è sociologica, tutti vogliamo Totti. Gli darei il premio Nobel per la fisica, dato che il Pallone d’Oro non glielo hanno conferito ne istituirei uno sono per lui. Le grandi giocate di Totti non sono riproducibili, le sue traiettorie, trasmissioni di palla, parabole possono aver messo in discussione Copernico, Keplero, le teorie della relatività. Totti, però, costituisce un tappo. E’ una luce abbagliante che oscura tutto un gruppo di lavoro, anche perché la curiosità morbosa che si esprime ad ogni sua espressione di gioco comprimono la crescita di un gruppo di calciatori. Lui rappresenta un gruppo di gente che è cresciuta con lui, che è invecchiata con lui e tutti fanno fatica a staccarsi da quel pezzo di carne. Un fenomeno che andrà raccontato da qualcuno che la sa lunga perché qui rientra la psicologia e la sociologia».

Difendete la Roma: «Baldini è diventato un massone dannoso e Baldissoni un arrogante avvocato che gioca a calcetto. È meglio che la Roma sia debole perché così i latrati a pagamento possono avere una funzione. Io fra 20 minuti uscirò da questa sala e non sarò più il direttore sportivo della Roma. Fidatevi dei dirigenti, non fateli diventare carne al macero da calpestare da qualsiasi parte. Non hanno da rimettere coloro che diffamano costantemente, e non sto parlando di chi critica io ho le spalle larghe. Sostenetela la Roma».

L’addio: «Questo non è un bilancio definitivo, questa squadra è in attività, ci sarà un’assenza fisica ma una presenza intellettuale e psicologica, starò dietro a tutto quello che succederà sentendomi partecipe. La supposta sconfitta al fatto che non abbiamo vinto può essere ribaltata quest’anno. Questa è una squadra competitiva allenata in maniera perfetta da Spalletti quindi c’è ancora una possibilità di fare risultati. Ho fatto un ciclo lungo di cinque anni con un’osservazione che faccio costantemente dentro di me che è quella di sapere di avere accanto gente che sà quello che fa. Da un punto di vista emotivo ed emozionale è mancata la convocazione al Circo Massimo dei tifosi della Roma, non era un sogno ma una speranza che si è accesa saltuariamente rispetto alle squadre che sono andate in campo e hanno fatto calcio. Ho pensato alcune volte che le diverse squadre che si sono succedute in questo quinquennio potevano competere per lo scudetto. Questo non è successo, è il mio grande rammarico e frustrazione, non mi procura la rabbia che il primo sentimento che di solito affiora in me, ma una tristezza cupa ed irreversibile, a meno che non ci sia un riscatto immediato in questa stagione. Crediamo di aver fatto il massimo, non mi vergognerei di questa Roma, la Roma sono anni che è competitiva ha fatto due anni il secondo posto e un terzo grazie ad un allenatore che è straordinario e un gruppo di calciatori competitivo. Io sono stato il direttore sportivo della Roma e sono stato esclusivamente il direttore sportivo della Roma, ho annullato la mia persona fisica e giuridica, non ho fatto nulla in questi anni che non sia stata dettata dal fatto che ero il direttore sportivo della Roma. Questa esperienza per me non è stata una frazione di vita, ma è stata la vita e tutto quello che è successo prima è totalmente opacizzato. Vedo solo la Roma e sento di aver vissuto per la Roma, sono geloso di questo sentimento e sono preoccupato che quello che verrà dopo sarà difficile da affrontare, perché questa è stata la mia vita. Non un brandello di vita, la mia vita».
 
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA