La banda di Lucio suona il rock: la Roma è diventata uno spettacolo

Spalletti
di Ugo Trani
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Sabato 18 Febbraio 2017, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 17:25
C’è Spalletti, e non è certo una novità, issato al centro della Roma. Più di quanto non lo fu durante la sua prima esperienza a Trigoria. Perché, anche avendo il contratto in scadenza, riesce a seminare in campo come se niente fosse. Lucido e presente, tatticamente e psicologicamente. Il gruppo incassa i benefici della sua leadership. I risultati, con i giallorossi ancora in corsa su tre fronti, sono la conferma della professionalità del toscano. L’incertezza sul suo futuro, accompagnato dalla voce allarmante del possibile sì alla Juve se Allegri dirà addio al club bianconero, non va a intaccare il lavoro quotidiano e il percorso in questa stagione. La traccia del calcio di Lucio è riconoscibile nello spirito della squadra. Finalmente matura.
 
PRECEDENTE CURIOSO
«La vittoria in Spagna può risvegliare i ricordi più belli» ammette Pallotta, estasiato dalla prestazione di Villarreal. Il flash back del presidente ci sta tutto. Riavvolgendo il nastro, si scopre che è dicembre il mese di Spalletti. Accadde anche nel 2005, quando dal suo laboratorio tattico uscì il 4-2-3-1 che diventò il sistema di gioco da imitare in Europa. L’assetto scelto contro la Sampdoria, con Totti centravanti mascherato, fu di riferimento per alcuni colleghi più celebrati. Che, con il finalizzatore o senza, abbandonarono il 4-4-2 per imitare il copione elaborato a Trigoria. Il 18 dicembre del 2005, a Marassi, la virata che caratterizzò la precedente avventura di Lucio. Il 4 dicembre del 2016, all’Olimpico, la nuova sterzata. Nel derby, senza l’infortunato Salah, ecco il 3-4-2-1. Da quel pomeriggio, le 14 partite che, con 10 clean sheet, sintetizzano il nuovo corso: nessun gol subìto contro la Lazio, l’Astra Giurgiu, il Milan, il Genoa, l’Udinese, il Cagliari, la Sampdoria, la Fiorentina, il Crotone e il Villarreal. Con la linea difensiva a 3 e anche 2 terzini sulle fasce. Eppure l’attacco, il 3° della serie A con 50 reti, spopola pure in Europa League con altre 20 e Dzeko è il testimonial, con 28 gol stagionali, del gruppo, capace di segnare 77 reti in 35 partite e di superare il Napoli, arrivato a 73 (nessuno in Italia ha fatto meglio dei giallorossi che in 9 gare hanno calato il poker). La solidità, insomma, non ha limitato l’efficacia.

CORO INTONATO
Il 4-2-3-1, scelto nel 2005, ha garantito più spettacolo e, in alcuni casi, maggiore imprevedibilità. Il 3-4-2-1 attuale, invece, certifica il nuovo spessore della Roma che, in Italia e anche in Europa, ormai recita da big. Cioè meno narcisa e più quadrata. L’organizzazione, pure mentalmente, è il vero segreto. A Villarreal, con il pressing alto e in contemporanea di 5 giocatori, si è capito quanto gli interpreti privilegiassero il coro e non la giocata. E mai a discapito della qualità. Perché l’acuto poi non è mancato: il gran gol di Emerson con il destro che non è il piede preferito, l’assist di Salah e lo show al cubo di Dzeko. Lo spartito è pensato dal gruppo ed esaltato dal singolo.

GRUPPO BASE
Emerson, dopo il nuovo stop di Florenzi, è l’unica alternativa a Peres sulla destra. Spalletti, comunque, sta puntando su 14-15 giocatori. Per non andare a scalfire l’identità trovata prima di Natale. La formazione di giovedì in Spagna, per nove-undicesimi, è stata la stessa del derby del 4 dicembre (Alisson ed El Shaarawy contro il Villarreal, Szczesny e Perotti contro la Lazio). Domani, contro il Torino all’Olimpico, è possibile che faccia riposare qualche titolare. Ma, con la qualificazione ai quarti ipotecata all’ex El Madrigal, è più probabile che rimandi la rotazione massiccia, annunciata alla vigilia della partita d’andata, direttamente alla gara di ritorno. E, prima di andare a sfidare l’Inter a San Siro, è proprio quello che ci vuole.
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