Totti: «Perché Spalletti vuole che firmi il rinnovo se non mi fa mai giocare?»

Totti: «Perché Spalletti vuole che firmi il rinnovo se non mi fa mai giocare?»
di Gianluca Lengua
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Venerdì 24 Marzo 2017, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 15:25

Francesco Totti a 360 gradi: amore, calcio e la Roma. Il capitano romanista si racconta al programma “L’Intervista” di Maurizio Costanzo. Un viaggio nella vita che ripercorre tutta la vita del calciatore più amato dal pubblico romanista. 

Ilary. «Inizialmente ho faticato a conquistarla, anche perché era fidanzata e viveva tra Roma e MIlano, faceva la letterina. Non avevo la possibilità di conoscerla a 360 gradi, mi ha colpito subito lo sguardo. Da parte mia è stato un colpo di fulmine, in questo momento oltre ai miei figli è la persona più importante che ho vicino, mi da stabilità. Nella vecchiaia Ilary ed io diventeremo campioni di Burraco, andremo a fare i tornei ovunque. Lei smetterà il lavoro io pure e staremo sempre insieme». 

 

La Ferrari. «Il giorno prima di uscire con lei mi si ruppe la macchina, avevo un ML. La portai dal meccanico e avevo solo la Smart che però ha preso mia madre. Allora mi rimase solo la Ferrari, e che faccio? Le mando un messaggio scrivendo che c’era un piccolo problema. Lei mi rispose: “Non vuoi più vedermi”. Le dissi che avevo solo la Ferrari e lei mi disse che non c’era nessun problema. Siamo andati al cinema e a cena e quella sera l’ho baciata. Il primo giorno che l’ho vista ho detto che era la donna della mia vita. Io vado a sensazioni, a pelle e se punto una cosa vado fino in fondo e so quello che faccio. La maglietta “Sei Unica” era per lei ed è unica in tutto». 

Il selfie alla Curva e il calcio. «È stata una cosa particolare che nessuno si sarebbe aspettato, neanche io. Da piccolo avevo la scuola di fronte casa, studiavo sempre fuori al balcone  e appena sentivo il rumore del pallone scendevo e giocavo fino alle 8. Era la mia passione, era il destino. Se non avessi fatto il calciatore avrei fatto il benzinaio perché mi piaceva sia l’odore della benzina sia perché quando aprivano il portafoglio avevano un sacco di soldi. Poi crescendo ho capito che non erano i loro ed era un lavoro come tutti gli altri».

Il gol indimenticabile. «Anche se banale è quello dello scudetto. Un gol che speravo di fare prima o poi in questi 25 anni di carriera. Ci sono riuscito sotto la Curva, un sogno che sono riuscito a realizzare. Ce ne sono anche altri di sogni, ma questo ha un significato differente».

La famiglia. «Sono le persone che mi hanno dato tutto. Mio papà è soprannominato Sceriffo perché ogni cosa che gli chiedi in ogni momento della giornata riesci ad averla. Anche mio fratello Riccardo giocava a pallone e mio padre tutt’ora mi dice che mio fratello era bravo ed io una pippa. Lui è più grande di me di sei anni, è bravo ma non ha la mia stessa passione. E quando mio padre vedeva le mie partite mi diceva che ero una pippa perché invece di fare tre gol ne dovevo fare sei. Riccardo ormai non gioca più, succedeva quando eravamo piccoli. Forse quando smetto mi dirà che mi ha preso in giro per 25 anni. Sono stato un bravo figlio perché mi hanno insegnato tanto, educazione e rispetto, la mia famiglia non ci ha fatto mancare nulla. Riccardo guai a chi lo tocca, è una famiglia solida, mio papà viene anche in trasferta. Mi ha detto: “Negli ultimi schioppi vengo fino alla fine”. Mi dispiace non giocare, ma io rispetto Spalletti».

Il futuro. «Ha sempre detto che se non firmo si dimette, ma non so il motivo. Io la domanda vorrei fargliela, vuoi che firmo e poi non gioco? Lui è un allenatore fortissimo, è l’allenatore del futuro, può far vincere la Roma. Conosce bene l’ambiente. Io sto a fine carriera e lui deve pensare al futuro. Fare l’allenatore non mi piace sarei uno contro 30 e i giocatori sono una massa di paraculi e se si schierano insieme è difficile contrastarli. Spalletti ha fato una scelta di vita, io che sono stato giocatore non farei mai l’allenatore. Io mi diverto a giocare, finché non mi passa la voglia di divertirmi mi dispiace smettere. Vado al campo e mi diverto, mi diverto tutti i giorni. Solo il pensiero di andare nello spogliatoio, poi in campo l’allenamento, è la mia vita. Se vado al campo scoglionato allora sono il primo a fermarmi. A giugno mi scade il contratto da giocatore e devo vedere se smettere. Devi fare un appello a Pallotta? Io tanto già so cosa devo fare e cosa farò».

I figli. «Cristian gioca nei pulcini della Roma, ha 10 anni. Chanel da grande vorrebbe fare tante cose sentendo lei, ma quello che le piace più di tutti è la veterinaria. Cristian è innamorato pazzamente di me, mi scruta dalla mattina alla sera, dalla testa ai piedi. Lui è incredibile ed io la penso come lui. Chanel è già donna, la vedi come interagisce. Isabel mi ha levato la vita, ha chiuso il cerchio. Lei è un amore in tutto. Tra poco potremmo fare un altro figlio, tocca fare il un maschio altrimenti Cristian si arrabbia. Ce lo ha chiesto lui. Sono abbastanza geloso, è la vita. Quando Chanel e Isabel troveranno un fidanzato io guarderò la famiglia che ha dietro e come si comporterà con lei. Avranno un papà bravo che gli spiegherà tante cose. Quando gli dirà no gli spiegherò il perché. Le favole le racconta Ilary, io li seguo in italiano, matematica, mentre Ilary fa inglese. Ilary mamma che io inizialmente quando nacque Cristian non eravamo capaci a fare i genitori a tutto tondo. Litighiamo solo per loro, tipo quando non gli faccio fare i compiti per giocare alla Playstation. Se Chanel e Isabel si fidanzano con un calciatore o un tifoso della Lazio è un problema loro, l’importante è che siano bravi ragazzi. Cristiano è malato di Roma, va con il nonno o lo zio a vedere la Roma. Quando ci sono le partite serali un po’ meno, quando non gioco si innervosisce ancora di più. Far entrare cinque minuti un giocatore non si fa. Spalletti non guarderà il programma, ma lo verrà sapere». 
 
Lasciare il calcio. «Il calcio non voglio lasciarlo. C’è stato un momento in cui stavo pensando di lasciare la Roma per il Real Madrid. C’è mancato pochissimo, ma in Italia non sarei mai andato».
 
Fare tv. «Mi emoziona farla. Anche se ci sono delle scene che mi diverte particolarmente fare. Io non uso copione, è tutto istinto. E’ una cosa mia che ho sempre avuto, non so se è una fortuna o una disgrazia. Mi hanno proposto tante volte di fare un programma con Ilary. Ci penserò, dipende anche da Ilary. Per lei è il pane quotidiano, per me è un altro tipo di lavoro. Un conto è farlo per divertimento ogni tanto. Non so se facendolo giornalmente mi piacerà come adesso».
 
 
Mazzone. «Esordii in Serie A con Boskov, l’anno successivo venne Mazzone e lì ho avuto la fortuna di conoscere una bella persona. Un uomo vero, in quel periodo era come un padre. Nell’ambito calcistico era il top, in quell’età è facile che tu ti perda, è una persona vera, mi ha dato tutto ed io ho cercato di dargli tutto».
 
Capello. «È il numero uno degli allenatori a fare una squadra competitiva per vincere»
 
I campioni. «Mardona è il calcio, hanno inventato il pallone con scritto Maradona. Messi e Ronaldo sono due extraterrestri. Baggio ha fatto la storia del calcio italiano, grande persona sia in campo che fuori. Del Piero ha fatto la storia della Juve, ci ho vinto un Mondiale insieme. Cassano ci ho giocato insieme, matto di testa, ma con i piedi è eccezionale. Lui adesso sta cercando squadra, è un peccato perché per me ha fatto solo 50% di quello che poteva fare. Se fosse rimasto a Roma avrebbe fatto la mia stessa carriera, invece ha ascoltato altre voci. Io ruberei la velocità con la palla piede di Messi e Ronaldo, le cose che fanno loro neanche sulla Playstation riescono».
 
Il rimpianto. «Quello di non aver mai giocato con Ronaldo il Fenomeno. Umanamente è di non aver vinto la Champions League. Non è facile ormai non ci sono i tempi e non siamo all’altezza di Barcellona, Real Madrid o Bayern Monaco».
 
La Cina. «Qualcosa si muove, dovrei spostare tutti. Se vado mi porto anche Spalletti».
 
Cristian alla Juventus. «Se gli offrissero un ruolo gli direi di accettare perché non deve fare quello che ho fatto io. Se vuole andare in un’altra città deve farlo».
 
Tra un anno. «Le possibilità sono tre o sui campi di calcio, non dietro la scrivania. O dirigente della Roma con un punto interrogativo, ma non so cosa fare, oppure lasciare il calcio e fare un’altra cosa. In questi ultimi mesi sto riflettendo tantissimo per quello che ho intenzione di fare, ho preso quasi una decisione, ma aspetto maggio o giugno. Al massimo posso andare a fare il procuratore a cercare talenti in giro per il mondo, un po’ di calcio ci capisco, poco ma ci capisco. Posso cercare anche qualche allenatore». 
 

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