Uno scudetto firmato Allegri
impreziosito dalle reti di Tevez

Uno scudetto firmato Allegri impreziosito dalle reti di Tevez
di Luca Pasquaretta
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Sabato 2 Maggio 2015, 19:14 - Ultimo aggiornamento: 20:24
TORINO - Si era presentato affermando «Li conquisterò» il primo giorno di scuola in bianconero. Correva il 16 luglio e la contestazione correva veloce. Massimiliano Allegri ha mantenuto la parola. Li ha conquistati. Anche i più scettici. Forse non le «vedove» di Conte. Ma questo è un altro discorso. Nove mesi dopo ha portato in dote uno scudetto, una finale di Coppa Italia e una semifinale di Champions.

IL CONTE MAX
Allegri si era ritrovato fra le mani una macchina da guerra, già rodata, bollita per Conte, non per lui, che è stato bravo a prendersi e meritarsi la fiducia dei senatori. Li ha convinti, pungolati nell’orgoglio, responsabilizzati. E’ entrato in punta di piedi non ha stravolto il 3-5-2 di Conte. Nessuna rivoluzione. «Piuttosto io sono un evoluzionista» ripeteva quei giorni d’estate. Ed è stata la sua prima mossa vincente. «Ma perché mai smontare una squadra che funzionava?». Difatti la Juve inizia come aveva finito gli ultimi tre campionati: vincendo. Sotto sotto, però, qualcosa comincia a cambiare: negli allenamenti, nella gestione del gruppo, nei primi collaudi della difesa a quattro.

La Juve di Conte era forte, ma un po’ meccanica, disse Allegri, e lui preferirebbe un po’ più di libertà, la stessa con cui flirtava da giocatore: «Forse per il ruolo che avevo - racconta - che mi portava a non fare cose banali, quelle che neppure mi piacciono nella vita: non significa essere fuori di testa». Anche se a volte così l’hanno dipinto: «Mi hanno visto come un mezzo matto - ci può ridere ora il tecnico - ma in senso toscano: vuol dire solo essere alternativo». Serviva una scossa, un passo in avanti. E venne il giorno: 4 novembre, Juve-Olympiacos, e via con la difesa a quattro e iil trequartista, che lui s’inventa, tra Vidal e Pereyra. Era un duello decisivo per la Champions, giusto perché al tecnico non piacciono le cose facili: «Ma quello era il momento giusto». Da lì in poi, quello diventa il telaio di riferimento, ma con il vecchio 3-5-2 pronto in garage. E tirato fuori, con successo a Dortmund e Monaco, altri due crocevia importanti. Allegri è amante del rischio, ma non un integralista, men che meno stupido. Piuttosto, cerca di cambiare la testa alla Juve, soprattutto quando deve mettere piede all’estero, terreno poco fertile in passato. Serviva una scossa ben sapendo che tra sicurezza e presunzione c’è un confine sottile. «Però, la convinzione ti porta a raggiungere risultati al di là di ogni aspettativa». Detto, fatto. Ha vinto il conte Max e così li ha conquistati tutti. Quattro scudetti di fila da queste parti non si vedevano dagli Anni Trenta. Addirittura non era mai capitato che un allenatore in Italia al primo anno in una squadra centrasse lo scudetto due volte. E’ capitato a lui, al Milan ed ora alla Juve.

FACCE DA SCUDETTO
Andrea Agnelli e il suo triumvirato – Marotta, Paratici e Nedved - non ha sbagliato quasi nulla. Dalla scelta tempestiva del tecnico al mercato, alla gestione dei momenti critici. Decisivo lo Juventus Stadium. Hanno avuto ragione loro. Nell’orchestra bianconera hanno fatto la differenza alcuni solisti. Tevez su tutti. Di scalpi l’Apache ne ha collezionati tanti, 28 in 42 gare. Gli aggettivi per l’argentino si sono sprecati. Spesso e volentieri si è caricato il peso della squadra sulle sue spalle larghe e ha segnato a chiunque, in Italia e in Europa. Oltre all’argentino ha brillato la stella di Pogba, mister 100 milioni, corteggiatissimo. Ha segnato gol pesanti, sfoderando prestazioni da fenomeno. Da applausi Marchisio, che ha saputo sostituire Pirlo in cabina di regia, garantendo standard qualitativi altissimi. Sono sbocciati Morata - l’acquisto più caro (20 milioni) dell’era Andrea Agnelli – e Pereyra, che non ha pagato il salto da Udine a Torino, dimostrando di poter ricoprire tutti i ruoli del centrocampo. Infine standing ovation per Buffon e la difesa (Bonucci il migliore), la miglior in Italia, la meno battuta in Champions, considerando le altre semifinaliste. Come dice il conte Max i campionati si vincono prima non prendendo gol. Come dargli torto?