FENOMENITE
Ciò che l'ha portato al “Garcia vattene” è un continuo voler sfidare la logica. La recente partita contro il Sassuolo, ben prima della vergogna di Borisov, aveva indicato nettamente l'andazzo: sei cambi rispetto a Frosinone, sottovalutazione pazzesca e immotivata dell'avversario, impiego scriteriato di alcuni giocatori (Maicon, Torosidis) e rinuncia inspiegabile di altri (Florenzi, Digne, Dzeko, Iago Falque). Aveva urlato al mondo per tutta l'estate di aver bisogno come il pane di un esterno sinistro basso, di un centravanti e di un attaccante di fascia ma alla quarta giornata i nuovi arrivati li aveva già sistemati sulla panca. Nelle prime otto partite dell'attuale stagione ha cambiato otto volte formazione, ma se contassimo anche quelle meno recenti la storia sarebbe la stessa, con rarissime eccezioni. Non vuole una Roma-tipo, ha dichiarato, ma il suo scellerato turn over spesso e volentieri ha avuto il sapore di un contentino verso questo o quello.
ADDIO FEELING
I fatti, non le chiacchiere, testimoniano che il feeling con Sabatini non è più così forte: Gyomber, Emerson Palmieri e Ponce, giocatori voluti fortemente dal ds, non sono stati inseriti nella lista Uefa e in campionato non vengono sistematicamente presi in considerazione. Così come Uçan, pupillo di Sabatini alla pari di Paredes, costretto ad emigrare a Empoli per trovare un po' di spazio. Gervinho, invece, dall'avvio o a gara in corso, trova (quasi) sempre posto, e questa cosa ha fatto imbestialire sia i tifosi che alcuni compagni di squadra dell'ivoriano.
SPOGLIATOIO DI TRAVERSO
Un vecchio maestro di calcio ama ripetere: «I giocatori devono aver paura del loro allenatore». Nella Roma attuale, in realtà, sono pochi (rari...) quelli che hanno paura di Garcia. Non perché Rudi sia loro amico, ma perché all'interno dello spogliatoio non c'è più la stima di un paio di anni fa. Rudi, depotenziato dalla società in estate, è stato virtualmente depotenziato anche dai suoi giocatori.
Se la Roma non gioca oppure gioca male; se viene travolta da un sospiro; se esalta in continuazione l'avversario, seppur timido e impacciato; se riesce a far diventare difficili tutte le cose facili; se tatticamente è primitiva, la colpa è di chi l'ha costruita, certo, ma soprattutto di chi la gestisce, la guida, la allena dopo aver avallatto tutte le mosse sul mercato. E che continuerà ad allenarla perché chi ha costruito la Roma non vuole cambiare. O meglio, non può cambiare.