Inter, Il paradosso di Mancini: la squadra cresce e perde punti

Inter, Il paradosso di Mancini: la squadra cresce e perde punti
di Gianfranco Teotino
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Lunedì 5 Ottobre 2015, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 16:49

ROMA Ricapitolando: cinque partite giocate male, a giudizio unanime della critica non contraddetto neppure dal suscettibile Mancini, hanno prodotto cinque vittorie; una partita sbagliata, giudizio di critica e pubblico contestato dal suscettibile Mancini, ha prodotto una clamorosa sconfitta; una partita giocata benino, giudizio condiviso da critica, pubblico e dal suscettibile Mancini, ha prodotto un pareggiotto. Verrebbe da dire che da quando ha cominciato a giocare meglio l'Inter si è fermata. Un paradosso. Ma fino a un certo punto.
Con il permesso di Mancini, cerchiamo di capire, con l'occhio del giornalista, non con quello dell'allenatore, che cosa funziona e cosa ancora no e se l'Inter sia squadra da scudetto. Sì, perché compito della critica è proprio questo. Non solo nel calcio. I critici cinematografici non sono registi, eppure giudicano la struttura di un film. Del resto, come diceva scherzosamente Arrigo Sacchi a chi dubitava che un calciatore scarso potesse diventare grande allenatore, per fare bene il fantino non è necessario essere stato cavallo.
SEGNALI INCORAGGIANTI
La sensazione, tornando alle prestazioni dell'Inter, è che, al di là dei risultati, sia in crescita. Non è facile dare, in poco tempo, prima una fisionomia e poi un gioco, efficace e magari anche piacevole, a un gruppo così rinnovato. Sono arrivati dieci nuovi giocatori da sette campionati diversi, tutti titolari o potenziali tali. Mancini ha innanzitutto cercato di dare una registrata alla difesa, che nella scorsa stagione faceva acqua. Missione già in buona parte compiuta. Tanto è vero che nelle prime cinque giornate i nerazzurri hanno incassato un solo gol. A discapito però della manovra d'attacco. Coperta corta, insomma. Per dare sicurezza al reparto, Mancini ha subito puntato su centrocampisti e anche attaccanti più muscolari che tecnici. Oltre che su un sistema di gioco (con il trequartista) adatto più a chiudere centralmente gli avversari che a sfruttare il campo in tutta la sua ampiezza.
SI CAMBIA STRADA
Poi, evidentemente rinfrancato dai risultati, con la Fiorentina ha provato a cambiare, puntando sulla difesa a tre per tentare di allargare il gioco con due uomini fissi sulle fasce. Venendo a mancare i soliti punti di riferimento, la squadra è andata in confusione. Persino il primo errore di Handanovic è stato in qualche modo conseguenza di ciò: il giro palla fra difensori in avvio di manovra vedeva partecipare solo tre giocatori, anziché i soliti quattro, meno tranquilli al punto da chiamare in causa il portiere quando sarebbe stato meglio evitarlo.
Il ko con la Fiorentina ha indotto Mancini a tornare sui suoi passi chiedendo però ai suoi maggiore coraggio. In effetti, a Marassi l'Inter ha prodotto tante occasioni, ma si è scoperta di più, recuperando il pari soltanto quando Perisic è stato spostato sulla sinistra, rinunciando al trequartista per impiegare un più persuasivo 4-3-3. L'impressione è che con questo modulo l'Inter sia sì da scudetto. Soprattutto se Mancini si deciderà, almeno in assenza di Jovetic, a impiegare con continuità un giocatore poliedrico e determinante come Ljajic.