Marchisio avverte i suoi: «Juve, attenta: la Lazio è una trappola»

Marchisio avverte i suoi: «Juve, attenta: la Lazio è una trappola»
di Luca Pasquaretta
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Giovedì 20 Novembre 2014, 06:05 - Ultimo aggiornamento: 08:28
Principino di nome e di fatto. Classe ed eleganza, dentro e fuori dal campo. Claudio Marchisio ieri mattina si è presentato puntuale all'hotel in centro a Torino, impeccabile nel suo abito e nei capelli, modellati dai prodotti Garnier, partner ufficiale degli Azzurri. Impossibile non parlare del big match di sabato contro la Lazio.

Riparte il campionato, la sfida dell'Olimpico è una trappola...

«E' vero, e poi dopo le soste è sempre molto difficile, a prescindere dall'avversario, non sai mai come ritorniamo dalle nazionali. Sarà una trasferta durissima, la Lazio può far male. Troveremo un ambiente tosto, un'ottima squadra, tosta, competitiva, ben allenata, che sta facendo molto bene. Noi non andremo in gita, vogliamo i 3 punti, rodare i meccanismi in vista della Champions, se vinciamo contro il Malmoe abbiamo più di un piede negli ottavi».

Vede una Lazio da scudetto?

«Magari in futuro, serviranno risultati e continuità, per ora, la Roma è la maggiore antagonista».

L'effetto Stadium quanto ha pesato nei vostri successi?

«Tantissimo, come il nostro pubblico. E' un valore aggiunto e lo dice uno che ha notato la differenza da giocare al vecchio Delle Alpi e all'Olimpico».

Con Candreva in nazionale vi siete stuzzicati?

«Francamente eravamo concentrati ad allenarci. Ci siamo dati appuntamento in campo».

Con De Rossi invece vi siete chiariti dopo Juve-Roma?

«No, perché non ci sono stati mai problemi fra di noi. Quando vestiamo azzurro pensiamo solo all'Italia, dobbiamo riscattarci e riportare la nazionale dove merita».

Natale è alle porte. Se dovesse fare un regalo ai suoi tecnici?

«Ad entrambi prometto impegno assoluto. A Conte regalerei una buona bottiglia di vino per farlo rilassare un po' (risata, ndr). Ad Allegri invece la Supercoppa italiana e gli ottavi di Champions. Si è inserito alla grande, il gruppo sta assimilando al meglio il gioco dopo il cambio di modulo».

Si sente il miglior Marchisio o un Marchisio migliore?

«Sono maturato tanto, certe vicende come lo screzio con i tifosi del Napoli, le vivo in maniera serena. All'epoca quando parlai di antipatia, non capivo tutto quell'odio, mi riferivo all'antipatia sportiva, sana come in ogni duello che si rispetti, la stessa che può esserci adesso con la Roma».

Il calcio è terreno fertile del politicamente corretto. Ci dica qualcosa fuori dai denti...

«Non sopporto la violenza dentro e fuori gli stadi. C'è qualcuno a cui le partite non interessano. Meno se ne parla e meglio è. Il problema non è il lancio di fumogeni in Italia-Croazia, ma chi e perché è entrato armato a San Siro e perché molti erano ubriachi».

Come interpreta questa stagione di riforme nel calcio?

«Sono un osservatore curioso. Sento parlare di giovani, di vecchi. Conta la competenza, non l'età. Servono persone che capaci di cambiare realmente e radicalmente».

A lei dà fastidio la presenza di Lotito in nazionale?

«No, ma non è quello il problema, bisogna andare oltre, smetterla di parlare, servono i fatti».

Marchisio privato. Che cos'è lo stile?

«E' un marchio personale ben definito. Fin da bambino sono stato portato ad avere un'immagine sobria, portata avanti negli anni, grazie anche alla scuola Juve».

La vedremo mai con la cresta?

«Da ragazzino l'ho portata, adesso non riuscirei nemmeno a vedermi, mia moglie dice che sono troppo vecchio (risata, ndr)».

Le piace più il “look” da regista o da interno?

«Tutti e due. Ruoli vicini, ma tanto diversi: la tipologia di corsa, quanti palloni tocchi, il modo di ragionare. Mi sento una mezz'ala, sono cresciuto vicino alla porta, la gioia del gol è l'emozione più bella».

Le gioie del gol fuori dal campo?

«Quando passo del tempo con i miei figli, quando mi occupo di beneficenza. Ne seguo tanti di progetti, come papà giovane, sono molto legato all'ospedale Sant'Anna e a chi soffre per i figlioletti prematuri. Poi c'è la ricerca contro il cancro, un male che conosco bene da quando avevo 16 anni e un mio caro amico si è ammalato e morto».