I GIOCATORI
Com'è ovvio che sia, i ritiri non piacciono ai giocatori. Di solito neanche agli allenatori, eccetto Inzaghi evidentemente. In genere, sono i tifosi più accessi a invocarli, convinti che le loro squadre perdano perché i calciatori vanno a letto a tardi, e sono i presidenti a imporli. Ma servono? La casistica più recente offre risultati contraddittori. Al Napoli, nell'immediato, sì: è riuscito a salvare una stagione che stava andando alla deriva. Le conseguenze, però? Dal giorno della decisione, De Laurentiis e Benitez, che era assolutamente contrario, non si parlano più. Comunicano via sms e forse proprio quella è stata l'ultima goccia in un vaso di incomprensioni che sfocerà in divorzio. A Cagliari il ritiro ha portato con sé prima l'irruzione degli ultrà nell'albergo dove i giocatori erano “reclusi” e poi le dimissioni di Zeman. L'Udinese ha ricominciato a vincere, proprio con il Milan, dopo che il ritiro era finito.
ALLO STADIO
Il Barcellona, quando gioca in casa, si ritrova direttamente allo stadio poche ore prima del via. Sono rimaste impresse le immagini del pre-partita dell'ultima sfida con il Real Madrid, fondamentale per lo scudetto: i giocatori arrivavano al Camp Nou chi ascoltando musica, chi con il figlioletto in braccio e la compagna accanto. Quasi tutte le squadre inglesi fanno altrettanto. A scapito anche della ritualità del pullman e della divisa che pure appartiene alla storia del calcio, se vogliamo anche alla sua bellezza. Ci sono momenti in cui i ritiri sono indispensabili: nella fase di preparazione all'inizio della stagione o nelle fasi di richiamo, quando i giocatori vanno monitorati 24 ore sul piano atletico, medico, dell'alimentazione, per programmare poi al meglio il lavoro ordinario. Il resto è suggestione. Ma il calcio è così misterioso che anche la suggestione può aiutare a vincere.