DIVISIONI E MALUMORI
«Il nostro atteggiamento, anche nel lavoro durante la settimana, deve cambiare». Pjanic, dopo la sconfitta contro l'Inter, è stato a lungo davanti alle telecamere. Il suo j'accuse è stato scoperto dai compagni solo a tarda sera, prima di salire sul charter e tornare nella capitale. Il gruppo ne ha preso atto leggendo le parole di Miralem sui vari siti Internet. Sono state apprezzate da allenatore e dirigenza. E condivise da qualche calciatore. A molti, però, non sono piaciute. I giocatori giallorossi non sopportano quando si generalizza sui comportamenti in allenamento e in partita. La regola, dentro lo spogliatoio, è chiara: certi concetti è sempre meglio esporli prima agli interessati, evitando di metterli in piazza. Pjanic a Milano come De Sanctis a Mosca. Il portiere, colpevole per il pari del Cska, scaricò la responsabilità del gol su altri. Rivista l'azione della discordia e percepito il risentimento del gruppo, il giorno dopo si è scusato e auto-accusato. Tra le due esternazioni, altri casi, abbastanza indicativi. Come la lite plateale tra Manolas e De Sanctis. O quelle frasi di Nainggolan diffuse via etere: il centrocampista evidenziò la precaria condizione atletica di diversi compagni e anche lo scarso rendimento di qualche attaccante, riferendosi in particolare a Gervinho e Iturbe. Giudizi condivisi tra l'altro all'esterno e rimasti comunque sotto traccia. Ma che hanno infastidito soprattutto Garcia che, in qualche gara importante, escluse a sorpresa Nainggolan. Più volte, comunque, è stata notata la differente valutazione, da parte dell'allenatore oltre che dalla dirigenza, sulle regole non rispettate da alcuni titolari. In questo senso i giovani si sono sentiti spesso emarginati e penalizzati, mentre ai big sono stati perdonati su ritardi e assenze. Per primo Gervinho, pupillo del francese. Pjanic non ha detto niente di strano. Ha sposato la linea del tecnico che, da tempo, si è lamentato, ovviamente in privato, di come la squadra interpreta il lavoro quotidiano. In allenamento mancano spesso la voglia e la concentrazione. Troppi non vedono l'ora di chiudere la stagione e, se sarà possibile, di cambiare aria. Offesi con la tifoseria che da Roma-Sampdoria ha deciso di tifare «solo la maglia». O con l'allenatore, come Ljajic, lasciato fuori a San Siro.
DIRIGENTI PREOCCUPATI
Monta, dunque, il nervosismo a Trigoria. La situazione è monitorata dalla proprietà Ma più che i pallottiani (e controllori) Zanzi e Zecca, a essere inquieti sono i dirigenti nostrani Baldissoni e Sabatini, vedendo Garcia più morbido di un anno fa. Se il dg, avendo parlato prima della gara, è stato meno diretto, nella notte di Milano il ds è uscito allo scoperto. «A questo punto andrebbe bene pure il terzo posto, perché senza Champions, l'annata diventerebbe fallimentare». Sabatini, però, ha rinviato ogni discorso, pure sul proprio destino, a fine stagione. E, per rendere meno angosciante la situazione attuale, ha salvato i singoli. Non ha puntato l'indice su difensori e attaccanti, sul portiere, sui giovani o sui senatori. Consegnerà le pagelle a giugno. Di sicuro i bocciati, anche per la condotta (cioè il comportamento), saranno più dei promossi. Baldissoni ha annunciato solo «ritocchi». Che, però, non saranno mai sufficienti per rendere competitiva, in Italia e in Europa, la Roma che verrà. Sul mercato andranno cercati 5, 6 o 7 titolari. Di sostanza, qualità e personalità.