CONDIZIONE SCARSA
L'altra sera, contro l'Inter, ha dato l'idea di procedere con un passo frenato. Lento nei movimenti, nell'istinto da uomo-gol quando si è fatto contrastare da D'Ambrosio a due metri dalla linea di porta o quando in area è saltato più in alto di tutti ma non è riuscito ad angolare il suo colpo di testa, e soprattutto macchinoso nel mettersi in moto. A tal punto che Garcia, pur essendo rimasto in dieci e dovendo prevedere un finale all'attacco, lo ha tolto. A fine gara, il tecnico ha scattato la fotografia più nitida: «Edin ha bisogno di giocare per ritrovare l'accelerazione nei primi metri che gli consentirà di arrivare prima sul pallone. Spesso era da solo ma non dobbiamo solo fare cross per lui». Rudi dice una grande verità. Perché vedendolo così alto (193 centimetri) c'è la consuetudine a cercarlo spesso e volentieri con i palloni alti. Ma Dzeko non è un ariete: segna (anche) di testa ma è un calciatore che ama avere il pallone tra i piedi per partecipare alla manovra. A volte, anche eccedendo, perché nella sua avventura romana rischia di trasformarsi più in un uomo-assist (come nella ripresa con l'Inter, quando anziché cercare la conclusione su invito di Maicon, come avrebbero fatto nove centravanti su dieci, ha provato intelligentemente a servire Pjanic) che in un terminale d'area. La sensazione, comunque, è che vada servito diversamente. Per intenderci: ricordate il gol nell'amichevole di agosto con il Siviglia? Minuto 4: Maicon vince un contrasto e lancia il bosniaco. Dzeko con il solo movimento del corpo elude la marcatura del difensore, lasciando scorrere il pallone. Poi con un diagonale dal vertice dell'area non lascia scampo al portiere. Edin è semplicemente questo. Che sia di destro, di sinistro, in acrobazia o con il tiro da fuori, i gol li ha sempre fatti. L'importante è sia servirlo nel modo a lui più consono e che possa ritrovare la migliore condizione il prima possibile.