1) L’indecisione. I dirigenti e il tecnico sono separati in casa. Non da ora, da giugno. Baldissoni e Sabatini non sono riusciti a convincere Pallotta a esonerare Garcia alla fine dello scorso torneo. Adesso il problema è ancora d’attualità, ma resta irrisolto.
2) La superbia. Garcia si sente bravissimo: come allenatore e come preparatore. Proprio come Baldissoni e Sabatini che criticano tutti e mai loro stessi. Difficile che, in questo modo, ci sia unità e compattezza. Soprattutto dentro Trigoria.
3) La presunzione. Garcia non sbaglia una mossa, Baldissoni una strategia e Sabatini un acquisto. Gli errori li fanno gli altri: i propri giocatori per il tecnico, i club rivali (pure quelli che vincono) per i dirigenti.
4) L’arroganza. Più che in campo nelle parole. Frasi spesso a effetto, sempre fuori dalla realtà. Slogan a vuoto, da parte di tutti. E contro tutti. Dalla cattedra, solo lezioni. A quanto pare c’è sempre da imparare.
5) La superficialità. Garcia, in 8 partite, ha già sbagliato 4 volte la formazione, sottovalutando gli avversari: non è atteggiamento da grande tecnico. I dirigenti si sono adeguati, sopravvalutando gli acquisti sul mercato: non è percorso da top club. La Roma non ha gioco e si conferma incompleta.
6) L’egoismo. Ognuno pensa alla propria immagine, mai al bene della Roma. Che ne risente.
7) L’inesperienza. La Roma è fragile in campo, nonostante i tanti senatori in rosa.
Ma lo è anche in società: ogni anno è come se ripartisse da zero. È sempre ai primi passi, non diventa mai grande. E, aspettando Palermo, Garcia è in bilico. Se salta, arriva il quinto allenatore in 5 anni. Per ricominciare.