Zeman e Di Francesco, il fascino della prima volta uno contro l'altro

Zeman e Di Francesco, il fascino della prima volta uno contro l'altro
di Marco Ciriello
2 Minuti di Lettura
Lunedì 1 Settembre 2014, 16:44 - Ultimo aggiornamento: 18:41
Col passare del tempo il mondo zemaniano ha preso a generare anche allenatori oltre che calciatori. Capaci di conservare gli insegnamenti di Zeman, aggiungendo sfumature calcistiche che provano a riscriverlo. Così Eusebio Di Francesco sfida il suo ex allenatore. In giacca blu, entrano insieme in campo, parlottando e scherzando, e, prima della separazione da panchina, Zdenek Zeman – con la cravatta – accompagna con uno schiaffetto dietro la nuca e molta tenerezza, Eusebio Di Francesco – in panciotto e i soliti occhiali da hipster e i capelli alti sulla testa –. È la prima volta che giocano contro. Un anno e mezzo dopo Zeman ritrova il campionato, e comincia con uno dei suoi ex calciatori come avversario, uno che lo ha ascoltato anche fuori dal campo, a distanza.



A SPECCHIO

Hanno una lingua diversa ma dicono le stesse cose. Giocano a specchio ma con Di Francesco che sembra avere una spaventosa voglia di batterlo. È un film di Wes Anderson, la partita tra Sassuolo e Cagliari, tutta giocata sulle misure e lo slancio, il rischio di sperimentare e giocare come se non ci fosse altro, solo geometria. Con Sau e Zaza dispositivi vorticanti che provano a sovvertire le difese e che rispecchiano il carattere dei due allenatori. Zaza, però, caricato a molla, dimostra una fame di campo e gol – divorandone come se fosse alla playstation – e poi segnandone di volè, uno più difficile e esteticamente più bello di quello del sardo. Di Francesco tradisce tutta la sua età saltellando come Inzaghi, Zeman accompagna il pareggio facendo salire una guancia e riuscendo a fare meno di Clint Eastwood a cinema. Il Sassuolo ha una densità di flusso maggiore. La difesa del Cagliari è così alta che sembra la sfumatura dei capelli di El Shaarawy. Per quanto il Sassuolo spinga, il Cagliari ha una flemma sovietica da chi sa che può fare meglio ma lo farà dopo, in seguito. C’è la voglia di apparire, il voler dimostrare – da parte di Di Francesco – che i maestri vanno mangiati in salsa piccante. Zeman è il solito, appoggiato al muretto conserva la posa di quando fumava a bordo campo, e sembra sapere quello che il suo ex calciatore gli riserva, peccato che non lo sappiano quelli del Cagliari. Conti non è ancora Totti e nemmeno De Rossi nel processo rigenerativo zemaniano. Di Francesco si agita e muove da rapper, e la musica ce la mettono i suoi in campo. Tra superare o meno il proprio maestro, per ora, c’è una partita giocata per azzerare la distanza, uscendo dall’ombra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA