Via gli stereotipi, Tiziana Catarci: «Forza ragazze c'è un mondo nuovo da costruire, non lasciate l'Ia ai maschi»

La direttrice del dipartimento di ingegneria informatica, automatica e gestionale della Sapienza: "Con l'ingegneria si può fare tutto. Anche filosofia"

Via gli stereotipi, Tiziana Catarci: «Forza ragazze c'è un mondo nuovo da costruire, non lasciate l'Ia ai maschi»
di alessandra spinelli
7 Minuti di Lettura
Venerdì 29 Marzo 2024, 16:01 - Ultimo aggiornamento: 1 Aprile, 16:47

«Non dobbiamo prendere a modello persone eccezionali, non dobbiamo indicare che so Samantha Cristoforetti, ma invece dobbiamo convincere le ragazze che è normale e non eccezionale studiare ingegneria e fare un percorso nelle materie scientifiche. E che anzi c'è tutto un mondo nuovo da costruire, anche con L'intelligenza artificiale, e che questo mondo non può fare meno di una parte così importante, non può fare a meno del 50 per cento della popolazione». Tiziana Catarci, Direttrice Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale "Antonio Ruberti", Sapienza Università di Roma , che ha partecipato all'evento di Moltodonna "Rovesciare gli stereotipi", ha le idee decisamente chiare. 

Il 2024 dovrebbe essere l'anno di svolta. L'anno in cui gli stereotipi di genere e i diversi gap che le donne subiscono dovrebbero cominciare a essere sconfitti se non altro per il fatto che entrano in vigore le nuove regole europee sulla trasparenza salariale e la certificazione di genere. Eppure nonostante tutto questo interesse, la realtà continua a essere difficile.  A che punto siamo secondo lei?

«La realtà è che la strada è ancora lunga, il mio settore è quello del digitale, dell’ICT, avevamo il 13% di studentesse e adesso il 15. Facendo una previsione, nel 2082 raggiungiamo quasi la parità come numero di studentesse iscritte ai corsi che hanno a che fare con la scienza e la tecnologia digitale (elettronica, informatica…) Come mai? Tutti quelli che fanno ricerca su queste cose, a cominciare dai sociologi, alla fine distillando il messaggio convengono che il problema è l’insorgere degli stereotipi o comunque il modo sbagliato in cui vengono presentate queste materie nell’infanzia, alla scuola primaria e secondaria. Lo stereotipo insorge verso gli 11-12 anni, all’inizio della scuola media inferiore ed è comunque definitivamente consolidata a 15 anni ed è inutile poi provare a convincere le ragazze negli ultimi anni del liceo. Stiamo iniziando ad incontrarle sempre prima...

Anche se ci sono figure di riferimento ed esempi come Samantha Cristoforetti

«Sì ma è una. Lei ha preso in mano un libro di testo delle elementari? Nell’edizione 2023-2024 c’è ancora la mamma che stira e il papà che torna a casa dal lavoro. La seconda cosa è che le donne come la Cristoforetti esistono e sono sempre descritte come donne eccezionali. Questa è una narrativa che scoraggia le ragazze perché le ragazze purtroppo per una serie di fattori per  un certo tipo di educazione hanno sviluppato una minore tendenza - come hanno scritto Nell Scovell e Sheryl Sandberg di "Lean in"- a  buttarsi avanti, a farsi avanti. Nel momento in cui pensano che bisogna essere eccezionali per riuscire in quei settori non ci provano proprio. Poi pensano che siano dei settori un po’ sfigati, persone disadattate e poi si pensa che chi prende una laurea in ingegneria informatica  vada a finire a fare il coding ma non è così. Questi settori stanno cambiando il mondo, stanno cambiando la società. Ormai si fa qualsiasi lavoro con queste identità digitali. Ti piace la moda, la medicina, l’agricoltura? Si può fare tutto.»

Alla maggior parte della popolazione viene negata la possibilità di costruire il nuovo mondo.

«Esatto, alle donne nella fattispecie. Il mondo lo costruiscono gli uomini, bianchi, statunitensi. Sarà migliore questo nuovo mondo? Io non credo, manca la diversità, mancano le donne. Poi dicono che hanno i pregiudizi le intelligenze artificiali, ma per forza, l’hanno fatto gli uomini. Anzi certi tipi di uomini ben precisi.»

 Cosa dice per convincere nelle scuole le più giovani?

«Dico che è un lavoro creativo, ti permette di risolvere i problemi, le donne lo sanno fare benissimo perché sono più brave degli uomini a risolvere i problemi. Non è un lavoro distopico, al contrario, permette di risolvere i grandi problemi del mondo, le donne hanno una particolarità per la cura. Allora lo vuoi fare? Fallo bene. Prendi le competenze digitali per lavorare nella ricerca medica. Vuoi fare il medico sul campo, andare in Africa? Avere certe competenze ti aiuta a farlo dall'Africa,  a distanza. È veramente un tipo di competenza che in questo momento storico è quella che incide di più sul nostro futuro».

Lei all’inizio diceva che bisogna cambiare la narrativa perché è un fatto molto culturale. Lei ha avuto degli approcci a livello accademico, ha avuto approcci con il ministero dell’istruzione per questo?

«Ho partecipato a qualche tavolo in passato, di recente no.

Ma almeno per la mia esperienza ogni volta che partecipavo ad un tavolo si ricominciava d’accapo. Con un certo insieme di persone competenti e altre a cui non fosse neanche chiaro che fosse un problema. Ci vuole che il decisore politico capisca che è un problema. Un problema per il mondo, i figli del decisore politico vivranno in un mondo disegnato solo dai maschi. Questo è un problema per tutti, è un problema per le donne ed è uno strumento di empowerment. Ma anche un problema per le aziende Non ci sono lavoratori adeguati e formati per le nuove tecnologie e ancora meno donne. Insomma ora abbiamo gli strumenti dell’AI ma non abbiamo i lavoratori che li sfruttano. Tutti gli studi del mondo dicono che da adesso al 2030 avremo 80 milioni di posti di lavoro scoperti. E come Italia abbiamo altissimi livelli di disoccupazione giovanile. Basta unire le cose. Non è un problema preso sul serio, non è un problema di soffitto di cristallo, non c’è la base, E non basta avere il 15% di top manager. E’ sempre e solo il 15%. Ci vorrebbe iniziativa a livello di governo non una singola università non hanno la mission, non hanno i soldi».

E lei? Come ha cominciato?

«Io sono sempre stata una grande appassionata di matematica, dalle scuole elementari. Ho trovato un’insegnate alle medie, ma penso di avere il dono per la comprensione di alcune cose, come chi ce l’ha per cantare, per dipingere. Quella è una cosa particolare si è portati. Poi mi è sempre piaciuto risolvere problemi, enigmi, quiz, sempre da quando ero piccola. Anche adesso se leggo il quiz online, un tempo sulla settimana enigmistica, se ho un minuto di tempo ci penso. E questo si sposa con un certo tipo di studi. Per me è sempre stato facile e scontato che avrei fatto questo. Poi a me è sempre piaciuta la filosofia, siamo stati i primi in Italia a fare la laurea in filosofia per l’intelligenza artificiale e qui c’è il 50% sono ragazze. Quando ero studentessa io eravamo 3 su 300. Non c’era il bagno per le donne a San Pietro in vincoli, poi ne hanno fatto uno ritagliandolo da quello degli uomini e noi 3 ragazze avevamo ognuna la nostra chiave. Discriminazioni?  Io non ho mai subito nessun tipo di discriminazione. Sì, mi guardavano, ero una bella ragazza mi avrebbero guardato anche in un altro contesto. Io lo dico a volte alle ragazze, ti piace vincere facile, tutti maschi…

La sua carriera: quando c’è stata la progressione per titoli accademici?

«Io a 39 anni ero già professoressa ordinaria. Dal primo momento in cui ho avuto questa sensazione della discriminazione è stato quando mi sono candidata a rettrice, l’ho vissuto tutto quello che si diceva, anche da parte della stampa da giornalisti uomini che facevano il classico commento sui vestiti, ma perché? Per fortuna poi è venuta un’altra che è una donna in gamba, secondo me però ancora … ancora così».

Qual è la sua opinione sulle quote di genere?

«Sono favorevole, secondo me servono. Quando non serviranno più le toglieremo ma in questi contesti servono l’opposizione è troppo forte. Se c’è la quota ben venga la quota, ma secondo me neanche questo funziona. C’è tanto pink washing, Le donne nelle grandi società sono soprattutto presidenti ma mai hanno incarichi esecutivi, l’Ad è sempre maschio, poi c’è da dire che molte donne nei cda non hanno cariche esecutive, non hanno deleghe ecc anche se devono esserci nelle quotate, terza cosa è che alla fine decidono sempre gli uomini. Non è vero che questi sono problemi superati»

Senta allora tocca a lei creare un codice che decide tutte queste cose e stiamo a posto.

« L’IA va lasciata alle donne. bisogna farla fare alle donne, però prima dobbiamo avere le donne con le competenze, dobbiamo convincere le ragazze che è il modo per incidere nel futuro è questo. È difficile, io incontro le ragazze delle scuole superiori, sembra di stare negli anni 50, un misto con le veline e un futuro improbabile».

Vogliamo concludere con un messaggio alle ragazze?

« Il nuovo mondo si costruisce con la diversità, se la maggioranza è donna viene sicuramente meglio»

© RIPRODUZIONE RISERVATA