Vittorio Sabadin

La missione di Xi/ Perché l’Europa ha bisogno della Cina

di Vittorio Sabadin
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Lunedì 6 Maggio 2024, 00:28 - Ultimo aggiornamento: 00:30

Il presidente cinese Xi Jinping è tornato ieri in Europa dopo cinque anni, per un viaggio apparentemente un po’ strano. A Parigi incontrerà oggi Emanuel Macron, Olaf Scholz e Ursula von der Leyen, poi andrà in Serbia e in Ungheria. La visita, scriveva ieri il New York Times riflettendo le preoccupazioni americane, metterà a prova il delicato equilibrio tra Usa e Cina, cercando di dividere gli alleati occidentali per porre le basi di un nuovo ordine. Un programma impegnativo per una serie di incontri così brevi, ma forse qualcosa di vero c’è.
Il presidente francese è stato lo scorso anno a Pechino ed è tornato con 18 importanti intese commerciali. Ha stretto un ottimo rapporto con Xi, e lo ha poi compiaciuto dichiarando che l’Europa «non dovrebbe diventare seguace dell’America» sul problema di Taiwan. Macron lo ha ripetuto anche alla Sorbona: «L’Europa non deve mai essere vassalla degli Usa» e il nuovo mondo multipolare può essere liberato dai blocchi della Guerra Fredda.

Parole che Xi ha ricambiato nel suo discorso all’arrivo, affermando che il rapporto tra Francia e Cina «è un modello di coesistenza pacifica», e «una relazione win-win», positiva per entrambi. Domani andranno nei Pirenei con le mogli, in un luogo caro all’infanzia di Macron. Lì si potrà discutere in pace. Che cosa porta Xi in cambio? Più interscambi commerciali e più aziende francesi in Cina, e forse, spera Macron, anche un intervento su Putin per la pace in Ucraina che scongiuri l’intervento della Nato che lui ha proposto.

L’incontro con la presidente della Commissione europea sarà meno amichevole. Dall’ultima volta che Xi è stato in Europa le cose sono molto cambiate. C’è stato il Covid con le accuse alla Cina di averlo diffuso, l’appoggio a Putin in Ucraina, lo spionaggio, gli hackeraggi, e poi anche l’importazione di automobili elettriche e di tecnologie di ogni tipo a prezzi stracciati. Commentando la dottrina Ue che definisce ambiguamente la Cina «un partner per la cooperazione, un concorrente economico e un rivale sistemico» il ministro degli Esteri di Pechino Wang Yi ha osservato che con l’Europa è come arrivare a un incrocio e trovare le luci rosse, gialle e verdi tutte accese.

Xi spera di spegnere un po’ di rossi e di gialli, a cominciare dall’indagine avviata dalla Commissione nell’autunno scorso sugli aiuti di stato alle imprese cinesi che esportano in Europa. L’inchiesta potrebbe portare all’inizio dell’estate all’adozione di dazi per le auto elettriche e per altri prodotti. La Cina non vuole dazi, ha più che mai bisogno di esportare. Ma sa già cosa fare se verranno approvati, visto che metà degli utili di Volkswagen sono realizzati in Cina.

Xi andrà quindi a Belgrado, per una commemorazione: il 7 maggio del 1999 gli americani bombardarono l’ambasciata cinese della capitale serba, uccidendo tre giornalisti, un incidente che causò grande risentimento nei confronti di Washington. Nell’incontro con Aleksandar Vučić ribadirà che Pechino e Belgrado sono lontane, ma gli interessi di sicurezza contro gli Usa e la Nato sono gli stessi. A Budapest, Xi incontrerà il suo amico Viktor Orbán, l’unico leader europeo che lo difende in ogni discorso, e che sta per stringere un accordo di cooperazione militare con Pechino e ospitare la prima fabbrica di auto cinesi in Europa.

Sarà l’allontanamento da Washington il prezzo che l’Europa dovrà pagare per una nuova intesa con la Cina? Con la sua visita agli amici Macron, Orban e Vučić, Xi Jinping pone l’asticella molto più in alto di quanto Bruxelles possa e voglia saltare. Ma Von der Leyen dovrà tenere conto del fatto che ormai la dipendenza occidentale dai prodotti cinesi e soprattutto dalle materie prime indispensabili alla tecnologia, come ben sanno anche la Nasa e la Difesa americana, è tale che non si può più farne a meno. Per rendere più convincenti le lusinghe di Xi, il ministro Wang Yi ha assicurato che «finché Cina e Europa si uniranno, il confronto tra blocchi non si verificherà, il mondo non cadrà a pezzi, e non ci sarà una nuova Guerra Fredda». È una strada da esplorare. Ma non bisogna dimenticare che la Cina, come l’Inghilterra di Lord Palmerston, non ha amici o nemici: ha solo interessi.

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