Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

La proposta / Una fondazione per la tv senza partiti

di Angelo De Mattia
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Martedì 7 Maggio 2024, 00:17 - Ultimo aggiornamento: 00:28

Un tempo si scrisse: bisogna fare la Rai come la Banca d'Italia riferendosi all'ordinamento di quest'ultima e alla sua autonomia istituzionale, funzionale e intellettuale. Tuttavia, questo progetto "in nuce" non ha fatto poi alcun passo avanti. Anzi, a un certo punto, si era tentato - senza per fortuna riuscirvi - di fare la Banca d'Italia come la Rai. Il virus della spartizione, nella forma del metodo delle spoglie, ha finito per contagiare, alternativamente, le forze politiche.  Oggi si osserva progressivamente una nuova condizione inedita che alcuni potrebbero considerare un punto quasi di arrivo nel nome del pluralismo o, visto da una diversa angolatura, della polarizzazione, con la presenza in Rai, sia pure di sicuramente diversa rappresentatività numerica, di due organizzazioni sindacali, irrisolti restando i problemi che, invece, coprono tutto l'arco politico. Non si può di certo parlare di un riequilibrio risolutore e comunque non sarebbe, questa, la chiave di volta di un diverso, avanzato assetto. A questo punto, la riforma, una vera rivisitazione che non si traduca in meri spostamenti di caselle tra Parlamento, Governo e Tesoro, diventa ineludibile e potrebbe, anzi dovrebbe essere promossa con una estesa convergenza politica , trattandosi della società pubblica che è al primo posto nel " fare opinione", nell'incidere sui comportamenti e sulle aspettative degli italiani, nell'essere uno dei contrappesi nel sistema democratico. I suoi meriti sono noti, anche se spesso vengono avvolti nelle polemiche non sempre fondate e poi in parte bilanciati da pratiche, episodi e comportamenti non certo apprezzabili. Il nodo lottizzatorio finisce con il soffocare le stesse numerose professionalità che vengono in evidenza, non in quanto tali, ma innanzitutto per chi ne ha voluto la nomina.

Se bisogna recidere il rapporto tra istituzioni della politica e organi nonché funzioni ai diversi livelli della Rai, non vi è che da prevedere la soluzione di un soggetto assolutamente indipendente dalla politica stessa e dall'economia che sia il partecipante unico dell'impresa Rai e, in quanto tale, decida, fra le diverse attribuzioni da conferirgli, la governance e le altre nomine. Una Fondazione composta da personalità illustratesi per alti meriti nel campo intellettuale, sociale, manageriale e delle professioni in genere dovrebbe comporre l'organo deliberativo di tale ente secondo una sorta di versione modificata di quegli enti di utilità sociale previsti in altri comparti. Il "punto dolente" scaturisce, adesso, dalla legittima domanda che sopravviene: "chi nomina i componenti della Fondazione: "quis custodiet ipsos custodes"? Una risposta sbagliata farebbe franare l'intera architettura. E qui invece, un ruolo rilevante potrebbe essere proprio del Capo dello Stato. Si potrebbero considerare in parte i procedimenti previsti per la nomina dei giudici della Corte costituzionale stabilendo rigorosi criteri e requisiti, innanzitutto di onorabilità, esperienza e idoneità, nonché vincoli, prevenzione di incompatibilità e di conflitti di interesse. Ci si potrebbe rifare anche a un sistema, ora potrebbe risultare appropriato, quale quello previsto per le nomine del Governatore della Banca d'Italia e dei membri del Direttorio. Prima ancora, si dovrebbero affrontare i non facili problemi societari attribuendo, come si è detto, la partecipazione totalitaria nella Spa Rai alla Fondazione. Ma la complessità dell'operazione è una sfida non poco stimolante, non certo un incentivo a rinunciarvi.

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